La detenzione è riscatto: si “paga” la pena e si è riabilitati alla vita in società. Ma quanti si sono perdonati? Il perdono è l’imprescindibile passo affinché i fili della propria vita si possano di nuovo annodare, ed il “vecchio” si riunisca al “nuovo”.
Il perdono verso se stessi è il più alto atto di umiltà: mettersi a nudo con la propria coscienza e prendere in carico responsabilità importanti, corrispondenti alla pena inflitta. “Più forte è l’atto di umiltà e più profonde sono le radici dalle quelli si svilupperanno alberi altissimi” ha sostenuto stamattina Suor Rachele dinanzi alle detenute del Carcere Femminile di Pozzuoli. Umiltà anche verso le proprie compagne di viaggio, verso la propria famiglia (distrutta indirettamente dalla pena detentiva) e verso il male inflitto a se stessi.
Ecco una preghiera scritta da A.:
”Padre nostro, oggi ti invochiamo con le nostre preghiere affinché come il Figlio Tuo fece con i Suoi discepoli, Tu possa insegnarci a non farci abbattere dalle delusioni, a seguito di un un rifiuto o di una critica, ad infonderci coraggio e determinazione. Prendici per mano Signore nostro ed insegnaci a persistere nella Fede, affinché possiamo accettare l’offerta della Salvezza, per farsi’ che i miracoli diventino possibili. Trasforma le nostre vite donandoci speranza e quella per poter trasmettere a chi è più debole di noi, a chi necessita di amore e guarigione.
Aiutaci a considerarti come un fratello, nostro migliore amico, unica fonte di saggezza e salvezza. L’unico riferimento più saggio nel quale le nostre confidenze, preoccupazioni e dolori, possano essere ascoltati e compresi. Aiutaci in questo percorso di sbarre e catene, che ogni giorno ci mette a dura prova, e insegnaci a frenare le nostre lingue dal superfluo, a non giudicare nessuno e in nessun modo nell’evitare di usurpare il Tuo Uffizio. Solo così potremo acquisire quella semplicità che ci avvicinerà le une alle altre e interagire con Te in piena armonia. Grazie Signore”.