Esonero vaccinale secondo lo studio Cataldi

Il green pass è incostituzionale perché costituisce un trattamento sanitario obbligatorio (TSO)

Il prof. Mauro Di Fresco ha pubblicato sul sito dello Studio Cataldi un lungo articolo per approfondire tutta la tematica sulle procedure per ottenere l’esonero vaccinale ed il green pass. Ha evidenziato la differenza tra l’esonero definitivo e quello temporaneo, quest’ultimo condizionato dalla conferma di una visita specialistica; ha sottolineato le contraddizioni della normativa che ha fissato prima il termine al 30 settembre, poi prorogato al 30 novembre; ha precisato che può essere rilasciato anche in foma cartacea e gratuitamente dal medico di famiglia, da un centro vaccinale o di una struttura ospedaliera, ribadendo che il certificato rappresenta un vero e proprio green pass.

Di Fresco ha anche esaminato alcuni articoli del Repolamento dell’Unione Europea n. 953 del 14 giugno 2021, evidenziando  che il green pass è stato istituito esclusivamente per la libera circolazione dei cittadini tra gli Stati membri, ma all’interno di essi non deve provocare discriminazioni ed obbligo vaccinale. Inoltre ha precisato che i vaccinati non sono immuni dopo alcuni mesi e che, a differenza dei non vaccinati che fanno il tampone ogni 48 ore, possono diffondere il virus.

Di Fresco formula queste interessantissime conclusioni, che riportiamo integralmente: “Non pare assolutamente giustificato un simile sistema di polizia e di controllo alla Gestapo sulla base di un’apodittica quanto non dimostrata necessità ed efficacia di limitare la diffusione del virus. Anzi, sono proprio i possessori del green pass della validità più lunga, cioè i vaccinati, ad essere potenzialmente untori e diffusori del virus, perché la carta verde non distrugge il virus, e non lo fa neppure il vaccino. Il Comitato Tecnico Scientifico del Ministero della Salute (CTS 0010154-15/03/2021-DGPRE-DGPRE-P) ha precisato che il vaccinato deve essere considerato alla stregua di un non vaccinato e che il vaccinato continua a diffondere il virus.
Quindi, se in un ambiente lavorativo è permessa l’entrata di un non vaccinato con tampone negativo che non potrà mai infettare e un vaccinato senza tampone, ma che ha già un green pass della durata di un anno, cioè di 365 giorni nei quali può contrarre l’infezione da SARS-CoV-2 e trasmetterla a tutti, come è avvenuto in molti ospedali italiani e avverrà ancora, com’è possibile che il green pass si prefigge lo scopo di limitare e prevenire la diffusione del virus nel posto di lavoro? E’ evidente che il pericolo diffusivo lo potrebbe generare il green pass annuale cioè il vaccinato e non chi ha il tampone negativo. Anche chi è guarito da COVID-19 ed ha un green valido per 180 giorni può, di nuovo, reinfettarsi e reinfettare tutti i colleghi, inclusi i pazienti. Quindi, è necessario sottoporre a tampone ogni 48 ore anche i vaccinati e i guariti da Covid-19, perché in assenza di un tampone negativo attualizzato, questi costituirebbero senz’altro un serio pericolo per la salute pubblica che è il vero oggetto costituzionale della tutela derogatoria del co. 2 dell’art. 32 Cost. 
Diversamente si comprimerebbe il valore costituzionale dell’autodeterminazione nella scelta del trattamento terapeutico esclusivamente a fini propagandistici ovvero solo per costringere la popolazione alla vaccinazione. Ma la vaccinazione non è oggetto della deroga costituzionale, lo è la salute pubblica.

Il potere dello Stato che deroga alla libertà di scelta di natura costituzionale, non dovrebbe fondarsi sulla ratio propagandistica, ma sulla salute pubblica; pertanto, il green pass, così come è stato ideato, si palesa incostituzionale. Dobbiamo vedere l’obbligo vaccinale e il green pass come un T.S.O., ma con la differenza che mentre l’obbligato viene sottoposto a cure, in questo caso l’obbligato è sottoposto a molestie per indurlo “liberamente” alle cure. Il T.S.O. vaccinale ha una funzione indiretta cioè mobbizzante che raggiunge lo scopo solo quando il soggetto resistente cede e si arrende alle molestie. Questa finalità non è legittima perché usa la forza direttamente sulla volontà dell’obbligato, come avviene nel T.S.O., ma lo minaccia e lo ricatta mettendolo in condizione di subire danni patrimoniali (retribuzione), non patrimoniali (esistenziali e morali) e danni alla dignità personale e professionale, al fine di costringerlo ad una determinata condotta.

La sofferenza indotta dalle norme pro vaccinali sulla libera volontà del soggetto non è costituzionale: o si usa la forza come in un comune
T.S.O.
o si concede la libertà di scelta; non si molesta e tortura un cittadino perché ceda la sua volontà a quella del ricattatore dichiarando di accettare, falsamente, la vaccinazione. Il ricattato non si concilia con la vaccinazione, questo è quello che risulta sulle carte del finto consenso informato.
Il ricattato è costretto a firmare il consenso ma non lo fa liberamente, lo fa soffrendo nell’animo e nel corpo sapendo che è tutta una farsa e prega che il vaccino non gli rovini la vita.
Dal punto di vista giuridico non ci sono gli elementi a supporto costituzionale per sostenere l’uso del green pass, così come il governo ce lo propina. Purtroppo, questo ragionamento non è mai stato né compreso né applicato da tutti gli avvocati che hanno ricorso contro l’obbligo vaccinale
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FONTE STUDIO CATALDI

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