Una madre: “il sorriso dopo la pioggia”

Storia di un dolore condiviso

Perdere un genitore è una delle esperienze più traumatiche che una persona possa vivere. Perdere la mamma, poi, significa recidere quel cordone ombelicale che ci ha tenuti legati a lei per tutta la vita; un filo invisibile fatto di empatia, certezza, rifugio. Chiunque abbia vissuto l’esperienza traumatica della perdita della madre, può sentirsi in sintonia con l’altro, per quanto possa essere distante il mondo di appartenenza.

Di seguito due scritti: Marilena ed Angela Cicala ci donano riflessioni intime di un sentire comune. Esprimono con parole chiare le sensazioni che spesso sono difficili da descrivere, regalando al lettore l’essenza di un dolore primitivo e puro.

𝓜𝓲𝓪 𝓶𝓪𝓭𝓻𝓮 𝓮 𝓲𝓵 𝓕𝓾𝓽𝓾𝓻𝓸

(di Marilena Cicala)

Una madre è un sorriso dopo la pioggia, è l’abbraccio nella sera, è un ponte se c’è un guado, è una porta aperta al ritorno, una porta chiusa se c’è da chiudere fuori la tempesta, è la preghiera, da bambini, prima della notte, è l’odore del dolce ancora caldo, il regalo di Natale inatteso, lo sguardo che t’aspettavi. Una madre è il geranio rosa sul balcone, il mare di luglio, tripudio d’azzurro. Una madre è la fotografia di famiglia color seppia, il consiglio nell’incertezza, il soldino per le caramelle. Una madre è la chiave di casa. Una madre è la persona che c’è. Sempre. Una madre è presenza infinita.

Mia madre per me, per noi tre, è stata sorriso, abbraccio, ponte, porta, preghiera, odore caldo, regalo, geranio, mare, consiglio, chiave. Mia madre c’è sempre stata. Sempre. Non è mai andata via. E in futuro? Nella sequenza finale del film “Mia madre” di N. Moretti, la figlia chiede alla madre morente: “Mamma, che stai pensando?”. La madre risponde: “A domani!”.

Com’è naturale, la vita cerca la vita. Anche mia madre, nell’ultimo periodo, dopo essere stata a lungo sdraiata, volle mettersi a sedere sul letto e cominciò a fare progetti: una passeggiata sotto il tenero celeste estivo, un gelato vicino al mare, un paio di sandali nuovi, un vestito a fiori.

Ma la Morte, stretta nel suo buio mantello, già studiava, come sa bene l’Antonius Block di I. Bergman, le sue mosse sulla grande scacchiera. Com’è naturale, “Scacco matto!”
E mia madre s’è fatta cielo. Non più passeggiata sotto il tenero celeste estivo, non più gelato accanto al mare, non più sandali nuovi né vestito a fiori. Tante volte avevamo, in passato, vinto noi la partita. Questa volta no.

Oggi, sappiamo che la nostra sconfitta non è assoluta. Da cristiana, seguo, a piedi, il gruppo di donne che, con Maria Maddalena, il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, “… si recarono alla tomba portando con sé/ gli aromi che avevano preparato. / Ma esse trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro. /Entrate, non trovarono più il corpo di Gesù./… “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?…”

page1image48140976Il “Resurrexit” fa tremare i cancelli della Morte, dissolve ogni distanza da essa creata, annienta ogni sua barriera, frantuma ogni suo impedimento, demolisce ogni sua costruzione.

Ma oltre alla Fede, c’è un’ altra forza che si ribella alla Morte. Lo hanno ripetuto nei secoli teologi, poeti, narratori; questa forza è l’Amore.

L’Amore non ha clessidra. La sabbia del Tempo scorre tra le nostre mani. In virtù dell’amore che le abbiamo portato, saremo noi il celeste estivo, saremo noi il mare, saremo noi i sandali nuovi con cui camminare; noi saremo i fiori del suo vestito.

Per l’amore che le portiamo saremo noi il suo domani.

𝓛𝓪 𝓬𝓪𝓼𝓪 𝓭𝓲 𝓶𝓪𝓶𝓶𝓪

(di Angela Cicala)

Casa vuol dire famiglia e famiglia vuol dire storie, segreti, il limen che non tutti possono valicare. Casa e famiglia, luoghi dell’anima che si nutrono di memoria. Tutto ciò che siamo e che siamo diventati ha avuto principio in famiglia e nelle stanze della nostra casa, negli angoli nascosti, tra le pareti rosa della cameretta, nel salotto con i divani di velluto blu e tra mille oggetti incantevoli, che non sono cose, sono tracce, di viaggi, di piccoli sogni realizzati, di pensieri d’amore, che mia madre ha protetto dal giallo del tempo, dalla polvere del vento, affinché arrivassero a noi interi nella loro originaria bellezza.

La casa: teatro, tra commedia e melodramma, della storia di ciascuno, un gigantesco Album, per ricordare e raccontare chi l’ha abitata, vissuta, costruita ogni giorno nuova. E mia madre in 88 anni di vita ha progettato e rilegato ogni pagina, arricchendola di frammenti, di emozioni, di presenza: la cucina, lo spazio dell’amore e del dono, della convivialità e dell’accoglienza, dei rituali quotidiani e dei pranzi domenicali…guai saltarne uno… delle grandi celebrazioni di Natale e delle feste di compleanno per cento amici da ospitare e sedurre con assaggi prelibati; la camera con il grande letto che ha accolto le mie paure del buio, lo spavento per i temporali e il terrore dei mostri cattivi che da bambina arrivavano solo di notte; che diventava il premio e la coccola quando avevo la febbre; che ha abbracciato Alice e Carlotta al suono delle tue ninne nanne interminabili, tappeto alato per volare alto saltando e ricadendo di pancia; lì dove ogni sera ora, sola, salutavi e baciavi le nostre foto appese di fronte per tenerti compagnia nei silenzi della vecchiaia e delle tue notti insonni, troppo lunghe da sopportare.

E poi i balconi sempre fioriti e sempreverdi come il giardino della villa di Frattamaggiore che curavi da giovane e, come ogni angolo di casa, adornato di piante e fiori di seta che profumavi con olii essenziali. La tua casa è senza te, ma parla solo di te, è la tua essenza, il tuo odore, i tuoi colori, i tuoi silenzi.

Sei il presente del passato di cui siamo fatti e ricordarti, come sta accadendo questa sera, significa sentirti viva, significa percepire di aver vissuto come in un utero creativo, come ha scritto qualcuno, e che in noi si è compiuto, a nostra insaputa, un capitale silenzioso fatto di memorie antiche e recenti, di consuetudini rigorose, di proverbi e detti diventati regole di vita, di progetti sempre pronti che popolavano quella mente,
la tua, sorgente inesauribile, luce sempre accesa, vita incessantemente da vivere.

Questi 60 giorni, senza te, sono stati interminabili. Saranno tutti così d’ora in poi.
Ma se mi giro cerco le tue mani. So che ci sono. Di questo sono certa.

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