Omicidio Rotta: la Procura di Trieste ricorre in appello

Ecco le motivazioni che smontano la sentenza di assoluzione di Meran per "vizio totale di mente"

Con sentenza di primo grado la Corte d’Assise di Trieste, il 6 maggio scorso, aveva assolto Alejandro Augusto Stephan Meran, dichiarandolo “non imputabile” per vizio totale di mente. La valutazione sull’imputabilità di Meran, ovvero sulla sua capacità di intendere e di volere nel commettere l’omicidio dei poliziotti Pierluigi Rotta e Matteo Demenego della questura di Trieste, era stata oggetto di diverse perizie che si sono concluse con esiti dissonanti. Il collegio peritale facente capo al prof. Stefano Ferracuti, aveva concluso per il vizio totale di mente, mentre il collegio facente capo allo psichiatra Mario Novello, nominato nell’incidente probatorio, aveva optato per la seminfermità mentale.

Nelle motivazioni della sentenza viene evidenziato che il collegio giudicante aveva condiviso le conclusioni di Ferracuti: le azioni di Meran si sarebbero realizzate nell’ambito di uno«stato delirante». Durante tutta l’azione era immerso cioè «in una condizione di paura psicotica, di terrore, di angoscia persecutoria…che deviava la sua volontà». L’apparente «efficienza» mostrata nel corso delle varie fasi del duplice omicidio, della sparatoria e della fuga, era minata dal fatto che «l’alterazione della realtà conseguente al delirio condizionava la capacità di Meran».

La Procura Generale di Trieste, nella persona del sostituto Procuratore Carlo Maria Zampi, ha proceduto all’impugnazione della sentenza, ritenendo necessaria una nuova perizia da affidare a un collegio composto «da almeno tre luminari in materia», per valutare sia le condizioni psichiche di Alejandro Augusto Stephan Meran, sia le conclusioni raggiunte da tutti i consulenti e periti che hanno operato finora, per indicare le eventuali divergenze. L’unico modo per «sollevare le molte nebbie che ancora presenta questo arammauco caso in relazione alla capacità di intendere e di volere dell’imputato e alla conseguente decisione sulla sua sorte».

Ecco la richiesta conclusiva alla Corte d’Assise d’appello: «Disporre una nuova perizia collegiale per accertare lo stato di mente dell’imputato al momento del fatto e, all’esito, dichiararlo colpevole e condannarlo».

Zampi evidenzia che il lavoro del collegio di Novello é stato caratterizzato da molti incontri e da una lunga osservazione delle condizioni di Meran, favorito anche dalla partecipazione di un perito di madrelingua spagnola, mentre la perizia del dibattimento «si è basata su una breve e limitata osservazione dell’imputato dovuta anche alle sue scomposte condotte».

Il sostituto Procuratore pone sotto la lente d’ingrandimento «la notevole difficoltà di Ferracuti nell’effettuare l’osservazione dell’imputato, dovuta al frequente rifiuto di Meran nel rispondere alle domande o addirittura all’abbandono della seduta, ma anche al Tso nel carcere di Verona che ha portato di fronte al perito un soggetto debilitato e poco lucido».

Si sarebbe anche sottovalutata l’assunzione di droga da parte di Meran: le analisi dopo l’arresto avevano rilevato tracce di cannabinoidi e, in misura minore, oppiacei e cocaina. Inoltre, il collegio sarebbe incorso in un «inadeguato vaglio critico» della condotta di Meran, «lucida, determinata e decisa, con la sottrazione delle pistole ai due agenti, l’esplosione dei colpi diretti verso parti vitali, il tentativo di fuga e l’immediata resa una volta ferito, che dimostra una non comune capacità di giudizio». Infine non convince, secondo la Procura generale, la scelta di determinare la durata del ricovero nella Rems per un minimo di trenta anni.

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Fonte: Il Piccolo Trieste

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