La celebrazione per il Santo Patrono stasera presso il Duomo di Pozzuoli

Sfatata la triste nomea che accompagna la Festa del Santo Patrono grazie a questa calda e luminosa giornata d’autunno, si attende stasera l’unico modo per rendere onore al nostro Santo Patrono, una celebrazione solenne che si terrà alle ore 19,00 presso la Cattedrale di Pozzuoli al Rione Terra, presieduta dal Vescovo, Mons. Carlo Villano. Sì, perché diversamente dalle altre città dei Campi Flegrei (e non solo), dove la festa patronale é vissuta in pompa magna, con festeggiamenti civili e religiosi per le strade cittadine, Pozzuoli ricorda il Santo con la chiusura delle scuole e degli uffici pubblici. Fino al 1970, la mattina del 16 novembre, il Rione Terra pullulava di visitatori e credenti, intenti a raggiungere la Cattedrale dedicata al Santo Patrono, posta tra i violetti dell’Antica Rocca, per ascoltare la Messa ufficiato dal Vescovo di Pozzuoli.

Tempo fa, durante una settimana calda proprio come questa, un alunno mi disse: “Maestra durerà poco, il 16 piove”. Carpii subito dove volesse andare a parare, ma per evitare di dare importanza a questo fastidioso proverbio, che purtroppo era stato trasmesso ad un bambino così piccolo, gli chiesi: “A parte questo, conosci qualcosa del Santo? Sai perché é il nostro Patrono?”. Il piccolo mi rispose di no. Ed é per questo che ogni anno racconto la sua storia. Perché la sua splendida vita, di bontà, misericordia e di amore per Cristo, prevalga sulla pietosa nomea che, ahimè, diffusamente conosciuta.

Durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano (284-305), il vescovo Gennaro si trovava a Pozzuoli, in incognito, per non essere riconosciuto dai pagani, che allora accorrevano numerosi nella zona per consultare la Sibilla Cumana. I cristiani della zona, però, erano a conoscenza della presenza del vescovo, tanto che il diacono Sossio, il diacono Festo e il lettore Desiderio, si recarono più volte a fargli visita. I pagani scoperto che Sossio era cristiano, lo denunciarono al giudice Dragonzio. Sossio venne catturato e condannato ad essere sbranato dalle belve nell’Anfiteatro Flavio di Pozzuoli.

Gennaro, Festo e Desiderio, saputo del suo arresto, vollero far visita a Sossio; furono scoperti, confessarono di essere cristiani e furono condotti dal giudice Draconzio, che li condannò alla stessa pena di Sossio. A questo punto del racconto compaiono i tre puteolani, il diacono Procolo ed i laici cristiani Eutiche ed Acuzio, i quali protestarono vivacemente contro la condanna mentre i martiri venivano condotti al supplizio; con la facilità e il fanatismo di allora, furono presi anche loro e condannati alla stessa pena degli altri. Il giorno dopo, tuttavia, per l’assenza del governatore stesso, impegnato altrove o, secondo altri, perché si era accorto che il popolo dimostrava simpatia verso i condannati e quindi per evitare disordini, il supplizio fu sospeso. Secondo la tradizione invece, il supplizio fu mutato per l’avvenimento di un miracolo, infatti, le fiere si inginocchiarono al cospetto dei condannati, dopo una benedizione fatta da Gennaro. Perciò furono trasferiti nel Foro dove il Magistrato giudicante li condannò alla decapitazione, che ebbe luogo, secondo la tradizione, il 19 settembre del 305 nei pressi della Solfatara di Pozzuoli.

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