Il sonnambulismo: comune tra i bambini, raro nell’età adulta

di Antonio Giordano.

”Per definizione, il sonnambulo e’ un soggetto, generalmente sano, che presenta un disturbo del comportamento che lo porta a “camminare nel sonno”, ovvero a compiere un’ attivita’ di deambulazione, prevalentemente addormentato. Tuttavia, la deambulazione non e’ l’unica manifestazione del sonnambulismo; infatti si parla di diversi tipi di attivita’ motorie: ad esempio sedersi sul letto e compiere movimenti ripetuti come lo stropicciarsi degli occhi; azioni di routine, come scendere le scale, aprire un cassetto, spostare mobili, vestirsi. Altre attivita’ meno note includono urinare in un posto non appropriato, cercare di guidare un’automobile, o scavalcare una finestra. La peculiarita’ di questo disturbo e’ che generalmente la persona che ne e’ affetta non ha ricordo di questi episodi. Il sonnambulismo di per se’ non e’ pericoloso, ma poiche’ il soggetto che ne e’ affetto e’ inconsapevole dell’ambiente circostante e agisce d’istinto seguendo dei percorsi innati, pone se stesso e le persone che lo circondano a forte rischio di infortuni e in situazioni di pericolo. Proprio per questa sua inconsapevolezza, cercare di svegliare un sonnambulo potrebbe essere un azzardo, in quanto gli creerebbe uno stato confusionale, disorientamento, paura e, eventualmente, una reazione ostile. Piuttosto, gli esperti ritengono preferibile cercare di ricondurre il sonnambulo verso il proprio letto, con tocco delicato e con voce calma e rassicurante. Gli episodi di sonnambulismo avvengono durante la fase non-REM del sonno, solitamente nella fase III-IV del ciclo del sonno, nota anche come sonno profondo. Durante questa fase nei sonnambuli accade che alcune aree del cervello, soprattutto quella motoria, si svegliano, mentre altre aree, come la parte prefrontale e frontale che controllano il risveglio cosciente, restano dormienti. Conseguentemente si ha un risveglio incompleto che spiega anche perche’ spesso i pazienti non ricordano o ricordano solo parzialmente gli episodi. Il sonnambulismo e’ piu’ comune nei bambini, in cui compare nei primi 10 anni di vita, con manifestazioni soprattutto dagli otto ai dodici anni, ed e’ considerato come parte del processo di sviluppo. E’ stato stimato che circa il 20% dei bambini e’ affetto da sonnambulismo. Diversa e’ la situazione negli adulti: il fenomeno riguarda circa il 4% di essi e, verosimilmente, e’ attribuibile a patologie preesistenti, spesso associate ad aspetti neurotici, psicotici o nevrotici. Ogni sonnambulo ha il proprio schema di manifestazione e peculiarita’ degli episodi, ma in tutti le manifestazioni si presentano entro una o due ore dall’ addormentamento e durano in genere dai 30 secondi ai 5 minuti circa, anche se in casi estremi possono raggiungere la mezz’ora. Inoltre, gli episodi possono essere sporadici: una, due volte al mese o meno, oppure frequenti: in alcune situazioni anche plurisettimanali. Generalmente il sonnambulismo tende ad esaurirsi con l’adolescenza, ma e’ stato stimato che l’1% dei casi di sonnambulismo dell’infanzia si protrae in eta’ adulta. Ma quali sono le cause? Alcuni studi evidenziano una predisposizione genetica per il disturbo. Circa il 22% dei bambini affetti da sonnambulismo non hanno genitori con storia del disturbo. Ma tra i bambini con disturbo documentato in famiglia, il 47% mostra episodi se uno dei genitori ha una storia di sonnambulismo e la percentuale sale a 61% se entrambi i genitori hanno storia di sonnambulismo. Anche la carenza di sonno e’ stata correlata ad un elevato rischio di sonnambulismo, cosi’ come alcune medicazioni con effetti sedativi. Alcool, danni cerebrali, febbre e stress sono tra le altre possibili cause. Infine, una serie di condizioni preesistenti che interferiscono con la qualita’ del sonno sono considerate causa scatenante del disturbo. Tra queste, l’apnea ostruttiva del sonno, la sindrome delle gambe senza riposo, il riflusso gastroesofageo, l’ ipertiroidismo, l’ ictus. Gli episodi di sonnambulismo, come detto, sono considerati di per se’ tendenzialmente benigni, spesso tendono a risolversi col tempo e, dunque, non necessitano di una cura specifica. Tuttavia, se il problema persiste, un consulto medico e’ necessario.
Tendenzialmente non ci sono terapie specifiche e nella maggior parte dei casi si studiano soluzioni per ottenere una migliore qualita’ del sonno incrementando l’igiene del sonno, la routine serale, il controllo dello stress. Si possono provare rimedi non farmacologici quali una dieta ricca di triptofano e omega-3, calcio e magnesio, bevande che favoriscono il sonno, tra cui la camomilla o la valeriana. Nei casi piu’ gravi si puo’ ricorrere all’ipnosi o, se il sonnambulo e’ a forte rischio di farsi male, prova una sonnolenza diurna estrema, o diventa destabilizzante per la famiglia, i sonniferi possono aiutare a tenere sotto controllo il problema. In qualsiasi caso, e’ opportuno consultare un medico e affidarsi alle sue competenze innanzitutto per risalire alle cause del disturbo, per poi creare un piano terapeutico personalizzato”.

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