Roberto Mancini, Sostituto Commissario, é meglio conosciuto come il primo poliziotto che, con la sua squadra, scoprì lo sversamento illegale dei rifiuti tossici nei Comuni della Campania, poi definita Terra dei Fuochi e dei Veleni. Il suo impegno non ebbe un grande sostegno in quanto in questo Paese, soprattutto negli scorsi anni, hanno avuto il sopravvento i negazionisti: si doveva negare qualsiasi nesso di causalità tra rifiuti tossici e patologie oncologiche. E’ noto che su quel traffico alcuni industriali hanno definito accordi con la camorra, che a sua volta, ha operato con la collusione di pezzi dello Stato.
Roberto Mancini morì a Perugia il 30 aprile 2014. Il contatto quotidiano che ebbe con sostanze tossiche, gli fece contrarre nel 2002 il linfoma di non Hodgkin. Il suo impegno e le sue battaglie sono state anche ricostruite in una fiction in due puntate della RAI con Peppe Fiorello.
L’Assistente Capo Coordinatore Alessandro Magno, che fece parte del pool investigativo messo in piedi da Mancini, ha pubblicato sui social una toccante testimonianza : “Interagiva con le persone da uomo, non da poliziotto. Questo lo faceva con tutti senza nessuna distinzione. Abbiamo creduto nei valori di cui lui non parlava, ma metteva in pratica. Lealtà e onestà era un modus vivendi “. Durante le indagini – continua Alessandro Magno – ascoltava ogni suggerimento e intuizione dei suoi uomini. Li sentiva parte di sé. Lui metteva al centro di tutto l’uomo, e non i gradi (qualifiche). Guai se uno di loro avesse subito un torto da chicchessia. Sapeva quanto rischiavano i suoi uomini per lavorare con lui in questa tragedia infinita chiamata Terra dei Fuochi. Sentiva il peso e la responsabilità dei suoi collaboratori”. Ed ancora : “L’attività professionale svolta all’interno della squadra di Mancini, era sicuramente diversa rispetto alle altre squadre. Fare parte di una squadra, ‘significa fare il tifo condividendone gioie e dolori, vittorie e sconfitte’. Figuriamoci in quella come la nostra. Faccio un esempio: la nostra squadra era derisa da tutte le altre squadre e tacciata come la ‘squadra dei monnezzari’. Quando parlo della figura di Roberto Mancini, sembra la descrizione di una figura mitologica, invece no, lui era fatto così”.
A seguito di manifestazioni e petizioni, dell’impegno della moglie e di alcuni parlamentari, a Roberto Mancini venne riconosciuto lo status di “vittima del dovere” che certificò la connessione tra la malattia e il servizio prestato, riconoscendo il suo importantissimo lavoro e il sostegno alla sua famiglia.
Acli Dicearchia Pozzuoli e l’Osservatorio per la Tutela dell’Ambiente e della Salute, con una manifestazione presso “Villa di Livia” del 27 maggio di cinque anni fa, assegnarono a Roberto Mancini, alla memoria, Premio Dicearchia 2016. Alla vedova Monica Dobrovolska fu consegnata un’opera dell’artista puteolano Antonio Isabettini.