Voci dal carcere: Nanà ci racconta l’esperienza del dolore

“Quel dolore che mi stringeva alla gola come fanno due mani grosse e forzute, che ti leva il respiro, avendoti strappato agli affetti, alla vita”…

IL DOLORE. Quando si prova dolore, esso non si limita ad essere una semplice sensazione, ma genera qualcosa di più, che tocca pensieri ed emozioni. È un’esperienza sensoriale ed emozionale, speciale, che definisco come “il danno”.

Spesso quando è persistente, mi sento nervosa, depressa come se il dolore mi condizionasse tutta la giornata. Quando mi attanaglia, assalendomi come in un agguato, si associano poi l’ansia e la paura che esso possa persistere distruggendomi….. poi c’è la rabbia verso me stessa, uno stato emotivo che unitamente al giudizio sulla situazione in cui verso, determina in modo importante il modo in cui esprimo e processo l’esperienza dolorifica.

Il dolore è l’esperienza sofferta più difficile da spiegare. Dicono che il dolore fisico, di solito, lasci pochi echi in memoria rispetto al dolore emotivo. Quest’ultimo lascia continui richiami ed associazioni che riattivano anche il dolore fisico quando riviviamo certe circostanze. I ricordi sono in grado di riattivare il dolore emotivo, difficilmente quello fisico, e tuttavia ne può uscire danneggiata l’autostima e la salute mentale a lungo andare, cosa che il dolore fisico raramente è in grado di fare. Io ho conosciuto anche il dolore emotivo, quello associato all’ansia, alla paura, all’impossibilità di trovare il coraggio di resistere e convivere nello stato di costrizione nel quale versavo in carcere.

Quel dolore che mi stringeva alla gola come fanno due mani grosse e forzute, che ti leva il respiro, avendoti strappato agli affetti, alla vita. Allora penso, nei momenti in cui il dolore è forte e mi attraversa la parte del corpo traumatizzata da un intervento chirurgico, che tra lì a poco passerà, inesorabile, così come è venuto e che certamente non può può essere paragonato a quello emotivo vissuto in cancrena dietro quelle sbarre, che attentano pure alla dignità se non ti vesti di forza.

È anche vero, però, che grazie a quell’esperienza oggi sono più forte e riesco a ridurre al meglio quel dolore fisico, aberrante, che mi toglie le forze. In quei momenti in cui mi contraggo tutta, ripenso a mio nonno, figura emblematica del mio vissuto, al suo amore di cui adesso avrei tanto bisogno. Mi aggrappo al suo ricordo a quell’amore che mi ha sempre dato e che ha sempre messo in ogni cosa che faceva. Ai sui piatti ricchi di emozioni, alle domeniche ricche di noi.

Adesso che mi sento così fragile, così come in qualche momento vissuto in carcere, avrei bisogno di lui, della sua saggezza, del suo amore così speciale ed incondizionato. Avrei bisogno di lui, delle sue dolci carezze, di quel suo ripetere “Passerà”. Avrei bisogno di sciogliermi in un abbraccio e sentirmi dire che l’amore che mi circonda è tanto, così come spesso mi ripeteva, e che basta solo guardarlo negli occhi. Solo così ci crederei un po’ di più… solo così il dolore andrebbe via senza poi tornare…

NANÀ

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