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Voci dal carcere: Lazzarelle – una piccola grande realtà

A., detenuta presso il Carcere Femminile di Pozzuoli, ci racconta della sua visita alle Lazzarelle, cooperativa di torrefazione del caffè sita presso l’Istituto di Pozzuoli.

Donne che hanno avuto il coraggio di rappresentare l’industria in tutta la sua “napoletanità” in un paese che splende da sempre nella sua bellezza; in una conca come Pozzuoli, che sembra raccogliere come una conchiglia, un pezzo di mare.
Laboriosa e sorridente, Pozzuoli, con i suoi ristoratori, colonne portanti dell’economia della città, unitamente al fiorente mercato ittico, grande risorsa dell’area puteolana.

Pozzuoli è anche Istituto Penitenziario Femminile ubicato in una curva discendente sul mare, che gode di una vista panoramica di estrema bellezza, e che ostenta la bandiera italiana quale stendardo nell’identificazione della legalità, ci si reclude per punire chi ha sbagliato.

La Torrefazione é allocata all’interno della struttura tra le aiuole che riflettono nelle giornate di sole quella luce specchiata sull’alluminio degli infissi dell’ingresso che ne delimitano il locale.

Il profumo del caffè tostato che costantemente inebria l’istituto si avverte più forte ma allo stesso tempo come una dolce fragranza nel varcare il piccolo opificio, la cui vista nell’immediato, colpisce come un vecchio film di antiche botteghe di artigianato, ove tutto é al proprio posto, operoso come un piccolo ingranaggio, fautore di grandi realizzazioni.

Torrefazione di caffè “Chicco Caffè“, un locale di pochi metri quadri rispetto a come potremmo immaginarlo, ma adeguatamente attrezzato. Lo sguardo si posa d’istinto sul quel blocco cilindrico che si erge con egemonia rispetto alle altre attrezzature:”la tostatrice“. Una macchina industriale che, tostando varie miscele attraverso la mediazione fornitrice nell’acquisto dall’India, dall’Islanda, dall’Uruguay, dal Centro America, giunge grezza per essere trasformata in sapore e gusto di eccellente qualità.

Alacre/dolce profumo della miscela arabica che penetra come fumo magico attraverso le celle delle detenute del carcere, dopo aver leggermente planato sulle aiuole circostanti da piccola industria, si traduce in gocce distillate di colore marrone che scintillante si schiuma sulla superficie in un piccolo bicchierino biodegradabile, offertomi dalla cortesia e affabilità di Paola, responsabile del settore, la quale attentamente e con linguaggio forbito di esperta piccola industriale, dirige la favola/realtà unitamente alla sua collega di viaggio Imma.

L’aver sorseggiato quel caffè mi aveva per qualche attimo riportato nel mondo esterno fuori da quelle mura … pochi secondi per poter sognare di essere servita fuori al bistrot, punto vendita del loro manufatto, ubicato all’inizio della Galleria Principe Di Napoli nel cuore della città.

Volendo cestinare il bicchierino ormai vuoto, il mio sguardo si incontrava solidale con il sorriso di due mie compagne addette alla lavorazione. Queste, dopo un percorso di rieducazione, sono state scelte per essere impiegate lavorativamente nella cooperativa di donne. Si punta sull’inclusione di noi
detenute per non farci sentire escluse da un mondo in cui il marchio della detenzione preclude ogni possibilità di lavoro. Un settore dove la percentuale di donne nel mondo lavorativo è ancora bassa.

Quell’aria serena quasi distaccata da quelle sofferenze che permeano nelle celle a pochi metri dallo stabile, mi avvolse unitamente al luccichio delle confezioni riposte sulle mensole in alto… di caffè, tisane e the, contrassegnate da etichette realizzate in colori pastello, non incollate sull’argento, come una giocheria.

Ad un certo punto cattura il mio sguardo la vista di un piccolo scaffale con oggetti in ceramica dipinti a mano, la cui provenienza é di indubbia fattura e bellezza. Piccoli oggetti posti come una vetrina offrivano una scelta per un eventuale regalo. Ero inebriata e forse anche confusa: con la mia breve visita, concessami dalla direttrice dell’istituto, é come se avessi mangiato un confetto che mi aveva regalato un trancio di libertà.

Tutto ad un tratto quel profumo mattiniero di caffè tostato, aveva preso corpo con quella visita, risultata culturalmente interessante, ma allo stesso tempo commovente. Quel saluto delle due Lazzarelle (detenute) mentre mi allontanavo avevano fatto di me una persona più forte…speranza distillata in piccole gocce di caffè, chicchi di vita, di chi ha creduto ed ancora crede in chi ha sbagliato e che non può essere escluso.

Quale arma é più potente della forza delle donne? Non c’è competizione, soprusi o mafia che tengano e che possano fermarle…sono il futuro le Lazzarelle, scugnizze, espressione dell’industria un pezzo di Napoli con le due facce della stessa medaglia: bellezza, e la forza di reinventarsi che si incontrano per creare”. 

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