In carcere il tempo è un concetto relativo. Per il detenuto è cristallizzato in una realtà isolata, a tratti emarginata. Lenta ed inesorabile la vita scorre per chi attende il riscatto, il ritorno ai propri affetti, alla propria vita. A.T. ci regala ancora parte di sé, delle proprie pene, delle proprie speranze.
“Padre nostro, nell’attesa di quel giorno che verrà, che necessariamente verrà, nell’attesa in cui saremo pigiate in grembo a Te come soldi in fondo a una tasca, vogliamo entrare in tutti i giardini chiusi. Scavalcare tutti i muri di pietra, venirti incontro. Oggi con l’aiuto dei tuoi intercessori abbiamo intrapreso una strada che ci porta a qualcosa che è più grande dei nostri sogni. Con la preghiera stiamo cercando di capire e di trovare il senso della vita, ma Tu aiutaci a partire incontro ad essa.
Indicaci dove il canto non si spegne mai, dove il mondo non è che un’unica nota elementare tenuta all’infinito, una corda di luce che vibra eternamente in tutto. A volte i dubbi ci assalgono e disperazione e sofferenza ci soffocano, ma nella preghiera Ti dichiariamo il nostro amore, e siamo desolate di non amarti abbastanza quanto Ti si dovrebbe e senza misura. Allora curiamo lo spirito infantile che non calcola niente ma sempre nuovo, riparte sempre dai primi passi dell’amore. Tu, Dio nostro, che sei nei ritornelli dell’infanzia, nel sangue sprecato dei poveri, o nella voce dei semplici, a Te che ti tengono nel cavo delle loro mani aperte, un passero inzuppato come pane dalla pioggia.
Un Dio pigolante che Viene a mangiare nelle nostre mani nude. Tu sei ciò che sanno i bambini, non gli adulti. Un adulto non ha tempo da perdere a nutrire i passeri. Noi questo lo abbiamo compreso. Ma tu aiutaci a nutrire l’amore che sconfigge tutto. LODE A TE, o Signore!”