In questo periodo si sta sviluppando un ampio dibattito sulla riforma delle pensioni in vista della manovra economica del 2022. Trattasi di un tema molto delicato e sentito. La soluzione prospettata dal Presidente Draghi è quella di superare la “quota 100”, di portarla a 102 e poi a 104, ma ad oggi non ha trovato il consenso necessario, a partire da Salvini e dalle OO.SS. per i quali oggi è previsto un incontro con il Governo.
La proposta del Presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, presentata in Parlamento, riguarda l’introduzione della “pensione in due tempi” quale unica soluzione “davvero flessibile e finanziariamente compatibile” nei costi , con una platea che risulterebbe molto più consistente della sperimentazione riferita alla “quota 100”. In effetti coloro che hanno compiuto 63-64 anni con almeno 20 anni di servizio e che volessero lasciare il lavoro, avrebbero solo la quota contributiva della pensione, purchè l’importo sia superiore di 1,2 volte l’assegno sociale. La pensione comprensiva anche della parte retributiva la prenderebbe al compimento dei 67 anni.
Questa proposta non sarebbe praticabile per la stragrande maggioranza dei lavoratori, molti dei quali hanno iniziato a lavorare non in giovane età, per cui l’assegno riferito alla parte contributiva sarebbe inferiore a quella sociale. Ed allora si ritorna ad una vecchia proposta, che nessuna forza politica ha voluto sostenere negli anni, e che riguarda la separazione tra previdenza ed assistenza. Diventa sempre più inaccettabile che con i contributi dei lavoratori si continuino a finanziare le varie forme di assistenza, per cui bisogna ricorrere ai salti mortali per far quadrare i conti, allungando l’età pensionabile con la giustificazione che si sono allungati gli anni di aspettativa di vita.
Per le varie forme di assistenza, come per il reddito di cittadinanza, sarebbe necessaria una specifica copertura finanziaria. In tal caso ci sarebbe la compatibilità dei conti Inps e la possibilità di prevedere un sistema volontario di poter andare in pensione con 60 anni di età e almeno 20 anni di servizio. Diventerebbe sostenibile anche la proposta di Tridico, sulla gratuità del riscatto di almeno due anni dei corsi di laurea ai fini pensionistici. Ciò favorirebbe il recupero del gap dell’Italia sul numero basso dei laureati e si introdurrebbe un riconoscimento a chi con sacrifici si è dedicato allo studio, non dimenticando che in Germania è previsto addirittura il riscatto gratuito degli ultimi due anni delle scuole secondarie superiori. Si spera che su questi delicati problemi il Presidente Draghi abbia la volontà di fare una seria riflessione, senza confermare il suo motto “filo diritto”, ignorando dissensi e proposte.