Quello scandalo chiamato PANDEMIA

Due trasmissioni televisive portano alla luce i ritardi e le omissioni dei vertici politici italiani

C’era una volta un Paese chiamato Italia, un piccolo regno all’interno di una grande potenza chiamata Europa, dove tutto sembrava filare liscio, dove le persone avevano fiducia nella scienza e la politica faceva gli interessi dei cittadini. In questo Paese viveva un cittadino di nome Francesco Zambon che lavorava presso l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Un bel giorno Francesco si recò in una trasmissione televisiva chiamata “Non è l’Arena” e raccontò ai telespettatori una bella favoletta dai ricchi colpi di scena, chiamata “L’arrivo della PANDEMIA”.

“Sono quattro le diverse ipotesi sulla diffusione della pandemia – racconta Francesco Zambon- : la prima è il passaggio dal pipistrello all’uomo, la seconda prende in considerazione un ospite intermedio, la terza l’arrivo in Cina attraverso cibi congelati e l’ultima, quella meno plausibile secondo la Cina, l’incidente in laboratorio”.

Il buon Zambon è autore di un ricco dossier dal titolo ‘An unprecedented challenge – Italy’s first response to COVID-19′, che se fosse stato divulgato così com’era, cioè con tanto di riferimenti a una reazione “caotica” e “improvvisata” della sanità italiana alla prima ondata, il prestigio del nostro Paese ne sarebbe uscito inevitabilmente intaccato. Così per far sì che i sudditi continuassero a vivere fiduciosi nel proprio piccolo regno chiamato Italia, il direttore generale aggiunto dell’Organizzazione mondiale della Sanità Ranieri Guerra, “invitó” l’autore del rapporto a modificare alcuni passaggi compromettenti del documento.

Lo studio, finanziato con circa 100mila dollari da un grant del Kuwait, descriveva luci e ombre della preparazione e gestione italiana della crisi da Covid-19. Doveva servire ad altri Paesi e più in generale agli stakeholders del mondo della sanità per trarre lezioni utili dalle buone prassi e dagli errori del primo grande Paese occidentale che si è confrontato con il virus. Ma il 14 maggio 2020, appena un giorno dopo la pubblicazione, venne ritirato e mai più messo a disposizione.
Il motivo della censura fu che il rapporto metteva in imbarazzo il governo italiano e il Ministro della Salute Speranza e ancor più il Direttore Aggiunto dell’OMS Ranieri Guerra. Infatti, tra le varie criticità annotate dai ricercatori, si certificava che il piano italiano di prevenzione delle pandemie era vecchissimo, del 2006. E mai aggiornato. Responsabile dell’inerzia? Proprio Ranieri Guerra che tra il 2014 e il 2017 era Dg Prevenzione al Ministero della Sanità. E proprio questi, l’11 maggio, poco prima della pubblicazione del rapporto, e a poche ore da una puntata di ‘Report’ che avrebbe denunciato l’arretratezza del piano pandemico, scriveva a uno degli autori di indicare come data del piano il 2016 invece del 2006. Ma il 2016 è solo la data di aggiornamento della pagina web e non quella del piano.

Guerra minacció di bloccare tutto dando per scontato che il team autore del rapporto, guidato da Francesco Zambon, fosse a sua disposizione per cambiare un testo non per motivi scientifici, ma per ragioni politiche. Anche Roberto Speranza ed i vertici del suo Ministero (come il dott. Brusaferro) erano informati del mancato aggiornamento del piano pandemico.

La trasmissione Report di RAI 3 portó alla luce anche come l’Oms avesse osteggiato gli autori dello studio a presentarsi alla Procura di Bergamo per testimoniare i ritardi, l’incapacità gestionale e la presunta responsabilità dei vertici politici italiani dinanzi all’arrivo della pandemia, nell’ambito di un’inchiesta per falso ed epidemia colposa.
L’ente si rifugió dietro trattati internazionali che garantiscono immunità diplomatica e quindi dovrebbero ‘scudare’ i ricercatori anche dalla semplice testimonianza in tribunale. Eppure, tra i convocati, a uno solo l’Oms ebbe il via libera a parlare coi Pm: proprio Ranieri Guerra.

Ogni favola ha la sua conclusione. Questa è come la storia di Cappuccetto Rosso dove il lupo mangia la bambina, ma il cacciatore non arriva a salvarla. Francesco Zambon si è dimesso. La procura di Bergamo continua le sue indagini. Migliaia di morti aleggiano sulla coscienza di uno Stato, i cui vertici (il Ministro della Salute in primis) stanno ancora là.

THE END

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