Prove Invalsi e alunni con disabilità: sono inclusive? Sono davvero utili?

All’indomani delle prove Invalsi molte le considerazioni, pochi gli apprezzamenti. Diversi genitori di alunni con disabilità lamentano scarsa inclusività.

Si sono svolte anche quest’anno le ormai consuete prove Invalsi, che hanno coinvolto migliaia di studenti di scuola Primaria e Secondaria. Come ogni anno, dicevamo, non sono mancate le critiche e le proteste e, secondo rilevazioni, nelle prove delle classi seconde di Scuola Secondaria di secondo grado uno studente su tre avrebbe copiato.

Sono contrastanti i pareri sull’utilità di queste prove che non sono finalizzate, ricordiamo, alla valutazione degli apprendimenti dei singoli alunni, ma sono interne al Sistema Nazionale di Valutazione (SNV) e sono orientate alla rilevazione di dati sull’efficienza e sull’efficacia del sistema educativo di istruzione e formazione, per orientare le politiche scolastiche e formative.

Spesso, però, gli alunni non hanno consapevolezza di ciò e non mancano, soprattutto tra i più piccoli, ansie e tensioni in prossimità delle prestazioni. Ciò appare particolarmente significativo quando si tratta di alunni con Bisogni Educativi Speciali. In tali casi, come abbiamo già evidenziato, sono previste particolari disposizioni, che, se non gestite con la massima attenzione, possono generare non poca frustrazione. Tali disposizioni, infatti, prevedono comportamenti diversi in base ai differenti bisogni educativi. In particolare, per le prove è stato previsto quanto segue:
(a) A condizione che le misure compensative o dispensative siano concretamente idonee al superamento della specifica disabilità o dello specifico disturbo.
(b) Salvo diversa richiesta della scuola.
(c) A condizione che i dispositivi e gli strumenti di mediazione o trasduzione sensoriale (ad esempio, sintesi vocale) siano concretamente idonei al superamento della specifica disabilità sensoriale.
(d) Sono ricompresi anche gli alunni e gli studenti con diagnosi di DSA in attesa di certificazione.

La nota di riferimento sottolinea che le esigenze degli allievi con particolari bisogni educativi sono molteplici e difficilmente individuabili a priori in modo completo ed esaustivo. Da ciò discende che la valutazione del singolo caso può essere effettuata in modo soddisfacente solo dal Dirigente scolastico, o suo delegato, che conosce esattamente la situazione del singolo studente e, pertanto, può adottare tutte le misure idonee per coniugare, da un lato, le necessità di ogni allievo con bisogni educativi speciali e, dall’altro, il regolare svolgimento delle prove per gli altri studenti, senza che, per questi ultimi, venga modificato il protocollo di somministrazione standard.

Cosa ne pensano i genitori? – Per molte situazioni con disabilità, dunque e per gli alunni con DSA, è la scuola a decidere sulla partecipazione  o meno alle prove. Cosa fare nei casi in cui si decida la non partecipazione? Cosa fanno in quelle ore gli alunni? Come percepiscono questo momento di esclusione? E’ ampio il confronto in merito: una mamma lamenta l’atteggiamento discriminante assunto dalla scuola verso il figlio con DSA portato fuori dall’aula, un’altra il fatto che non è stata concessa la presenza del docente di sostegno durante le prove. Qualcuno evidenzia che il figlio è rimasto nell’aula con i compagni, ma ha svolto un altro compito, mentre altri hanno preferito tenere i figli a casa. Non manca la delusione di chi avrebbe voluto che il figlio partecipasse, ma la scuola ha deciso diversamente. C’è chi si interroga anche sulla prova in sé e sulle situazioni in cui viene svolta, ma non valutata. Scrive infatti una mamma: “Sono prove che non condivido”. Comprendo che il ministero voglia avere una fotografia di come sia il livello di qualità della scuola. Peccato però che in tale fotografia non consideri tutti gli alunni; se pensiamo bene questo è in antitesi con il principio di equità ed inclusione.

E’ pur vero che le prove invalsi, per gli alunni con difficoltà, sono adattate secondo il piano educativo che seguono, ma se non vengono poi considerate perché farle? Come se non bastasse, gli alunni non vedenti, anche se seguono la programmazione di classe, fanno le Prove scritte in braille. Ma… udite udite! Non posso essere inserite perche non risultano standardizzate. Paradosso: servono solo x l’inclusione ma non vanno tabulate per la correzione. Questo dà la sensazione che la scuola sia diventata un luogo che si sta sempre meno dedicando all’educazione e formazione degli alunni, non per volere degli insegnanti, ma per una imposizione di modalità che si possono ritrovare in ambito aziendale. Quello che non vorremmo dire è che la scuola, per certi versi, stia somigliando sempre più ad un’azienda piuttosto che ad un luogo di cultura”.

Le soluzioni ed i pareri, dunque, sono eterogenei e spesso causano dissapori e malumori. Non è facile trovare modalità che si attengano alle norme e però siano inclusive, perché le disposizioni sono piuttosto rigide e le situazioni diverse. Possiamo solo invitare scuole e famiglie a proporre ipotesi e idee al fine di trovare soluzioni condivise che possano, in un certo qual modo, essere d’aiuto a chi di dovere, legislatori o chi ne fa le veci, per migliorare tutto l’impianto organizzativo Invalsi.

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