Presso Casa Mehari a Quarto commemorazione di Giancarlo Siani

Iniziativa a cura dell’ISIS Rita Levi Montalcini di Quarto e casa Mehari nel 38° anniversario della morte - di Ennio S. Varchetta

Il 26 settembre u.s. si è svolto un significativo convegno per commemorare la figura di Giancarlo Siani a 38 anni dalla sua tragica morte.
Presso Casa Mehari, immobile confiscato alla criminalità organizzata e assegnato dal Comune di Quarto ad un gruppo di associazioni del territorio, c’è stata una mattinata di sensibilizzazione culturale e di legalità con ospiti esterni e alcune classi del Liceo Rita Levi Montalcini di Via Vaiani.

I relatori: il Sindaco Antonio Sabino, l’assessore alla legalità Raffaella De Vivo, il responsabile dell’associazione Artemide, Arturo Delogu e lo scrittore-giornalista Gildo De Stefano amico di gioventù di Giancarlo Siani che attraverso il suo libro “Lettere ad un amico ammazzato” traccia un excursus del giovane Giancarlo, sottolineandone le pregevoli e non comuni qualità.

Gli studenti sono stati accompagnati dai docenti: Rachele Baiano, Debora D’Alessandro, Paola Sorrentino, Ennio Silvano Varchetta, Grazia Varriale della commissione Legalità e bullismo. Al termine degli interventi c’è stata la proiezione in sala del film “Fortapásc” interpretato da Libero De Rienzo, Valentina Lodovini, Ennio Fantastichini, Massimiliano Gallo con la regia di Marco Risi. L’incontro rientra nelle attività di Educazione alla Legalità pianificate dall’Istituto.

Giancarlo Siani raccontava la vita di Torre Annunziata suscitando nel lettore sempre spunti di riflessione. Con la sua Citroën Mehari, girava tra la gente: nei bar del paese, nei mercati, nelle piazze. Mai fermo, mai passivo. Curioso, ascoltava e domandava, cercava in ogni modo di percepire ciò che si nascondeva dietro gli eventi, per poi raccontarli nei suoi articoli e le inchieste che conduceva spesso da solo. Coinvolgeva i lettori trasmettendo la verità, in un contesto per nulla facile e soprattutto omertoso.

Si vivevano gli anni difficili del post terremoto dell’Irpinia del 1980, quando cascate di soldi per la ricostruzione, piovevano sulle amministrazioni. La camorra, attraverso una classe politica non sempre onesta, era pronta a mettere le mani su quella fortuna, nata da una delle più grandi sciagure del Sud Italia.

Siani
denunciava quotidianamente l’illegalità degli appalti, le lotte tra clan nella divisione del territorio, ma soprattutto la pericolosa concussione tra politica e camorra, dove le regole erano dettate dalle organizzazioni criminali che spadroneggiavano liberamente sul territorio. Per questo fu ucciso. Fu ucciso perché era fuori da questi schemi, un personaggio scomodo che col tempo rischiava di diventare esempio per chi viveva nella sofferenza piegato alle ingiustizie.
Il suo ricordo riecheggia nelle numerose scuole che ora hanno il suo nome, nelle piazze a lui intitolate, nei premi letterari, nel bellissimo film Fortapàsc di Marco Risi, che ne ripercorre gli ultimi mesi di vita e in queste iniziative: ma ciò non basta.
Forse mai come oggi c’è bisogno del suo ricordo per ritrovare noi stessi, in una società non solo in crisi economica, ma soprattutto di valori e di idee. C’è bisogno anche del suo esempio per ricominciare a raccontare nel modo giusto i tempi che viviamo, a condannare senza remissività la corruzione a tutti i livelli, per trasmettere ai giovani la legalità e i valori. C’è bisogno del suo ingenuo coraggio per guardare a tutte le mafie con disprezzo ed indignazione.
Siani non era un eroe, probabilmente non sarà stato mai cosciente della grandezza umana delle sue azioni. E’ diventato semplicemente ciò che era, un’anticonformista in una terra martoriata dalla camorra, che non ha ignorato e sacrificato la propria libera espressione, che non si è adeguato al comportamento e alle idee di una popolazione spesso rassegnata.
E il titolo del film Fortapàsc è un termine volutamente storpiato che evoca il Fort Apache della tradizione western rendendo il senso dell’assedio alla città da parte della malavita.

E allora è giusto commemorare, ma facciamo in modo di sottolineare a noi stessi e soprattutto ai giovani che l’importanza della legalità, a tutti i livelli, è legata alla nostra vita di cittadini consapevoli e la sua concreta applicazione ci rende liberi ed assolutamente migliori.

*di Ennio S. Varchetta

 

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