La nostra scuola fa registrare divari sempre più ampi tra le realtà del Nord e quelle del Sud. L’esito delle prove Invalsi è implacabile: il professore Ennio Silvano Varchetta, docente, pedagogista e giornalista, già referente e componente di progettazioni di inclusione e contro la dispersione scolastica, sostiene che esso dovrebbe aiutare, chi di dovere, a riflettere e ad attivare un cambiamento per invertire la rotta.
Professore si aspettava questi risultati?
“Sono dati molto simili, ahi noi, agli anni scorsi. Gli elementi di riflessione sono: esiste una grande differenza tra le varie aree socio-economiche del Paese, e tra le scuole del Mezzogiorno anche tra classi, dove ad avere la peggio sono gli alunni svantaggiati. Sono molti anni ormai che abbiamo questi risultati, e se la situazione resta immutata significa che questi dati anche se dalle scuole vengono opportunamente analizzati e valutati, non si attua un necessario programma di miglioramento a partire da essi”.
Sarebbe necessario forse agire dall’interno?
Partire inizialmente dalle scuole, certo. Compito di una scuola è agire con metodo scientifico: analizzare i dati, fare una opportuna diagnosi e promuovere un miglioramento. È vero che anche il contesto esterno concorre, ma la scuola deve interrogarsi sul fatto che non riesca ad incidere significativamente sugli apprendimenti, in particolare di quegli allievi appartenenti a contesti socio-economici disagiati e quindi doppiamente penalizzati.
La scuola dell’obbligo esiste proprio per questo, deve essere in grado di livellare le disuguaglianze sociali e garantire a tutti le stesse possibilità. Non assolve a questo compito, se in presenza di un sistema di valutazione che ci restituisce dati scientifici non fa in modo che muti questo divario”.
Non servirebbe un sostegno economico del Governo?
“Esiste già. I Pon del recente passato sono serviti proprio per andare incontro ad un’emergenza di questo tipo ed assegnati solo alle regioni con particolari necessità.
Con il lockdown sono state stanziate risorse: lo sforzo economico anche se non sistemico c’è stato. Bisognerebbe interrogarsi su come vengono spesi i fondi erogati, monitorare le scelte didattiche e valutarne gli esiti, evitare che questa progettualità aggiuntiva assuma solo un valore formale”.
Cosa dovrebbero fare sostanzialmente le scuole…?
“Le scuole utilizzano le risorse che hanno.
Non scelgono i propri docenti e il proprio personale, paradossalmente non si riesce ad implementare una cultura della valutazione.
Esse dovrebbero utilizzare i dati Invalsi, risorsa per autovalutarsi e mettere in campo processi di miglioramento. Al di là di tutte le critiche che suscitano infatti, c’è un dato incontrovertibile: le prove sono nazionali e quindi uniche”.
E allora perché in alcune regioni i risultati sono accettabili, in altre ottimali e in altre ancora scarsi…?
“Occorrerebbe promuovere la formazione obbligatoria dei docenti. Aspetti così importanti non possono essere lasciati allla volontarietà del singolo. Senza formazione non si va lontano…Non si può pensare di fare il docente a vota solo con ciò che si è appreso nelle aule universitarie o attraverso i corsi abilitanti. Occorre formazione, implementazione di nuove pratiche, monitoraggio e valutazione. E questo vale per tutti gli attori della scuola”.
Prof. Varchetta si parla di un calo degli apprendimenti dovuto alla Dad specie alle Superiori: lei che ci dice a riguardo?
“Un leggero calo, ma prevedibile: gli alunni più piccoli, si sa, sono seguiti dai genitori, dai nonni o dagli stessi insegnanti. Nella fascia d’età dell’autonomia è evidente che il problema nasca dal fatto che i genitori incidono meno. Con il lockdown, questi ragazzi hanno vissuto l’assenza della socialità che per loro è fonte di benessere e crescita. Quindi non credo che la Dad abbia influito più di tanto, piuttosto è stato l’isolamento forzato che questi nostri giovani hanno subíto e i cui esiti negativi saranno probabilmente più evidenti nei prossimi mesi”.
Poco entusiasmanti i risultati delle prove Invalsi
PIÙ CHE LA DAD È STATO L'ISOLAMENTO A PESARE SUI RAGAZZI - Intervista a Ennio Silvano Varchetta