Basi normative – (2^ parte)
La definizione di cyberbullismo è contenuta nel comma I dell’art. 1 della Legge 71/2017: “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”.
Il contrasto al fenomeno:
tra gli obiettivi principali della normativa, emerge quello del contrasto al fenomeno del cyberbullismo “in tutte le sue manifestazioni, con azioni a carattere preventivo e con una strategia di attenzione, tutela ed educazione nei confronti dei minori coinvolti, sia nella posizione di vittime sia in quella di responsabili di illeciti, assicurando l’attuazione degli interventi senza distinzione di età nell’ambito delle istituzioni scolastiche”.
Soggetti coinvolti:
La normativa si propone di tutelare la dignità dei minori coinvolgendo varie soggettività:
•titolari dei trattamenti dei dati personali,
•gestori di piattaforme internet e social network,
•vari Ministeri (il Ministero dell’Interno, il Ministero dell’Istruzione, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il Ministero della Giustizia e il Ministero dello Sviluppo Economico),
•Garante per l’infanzia e l’adolescenza,
•Garante per la protezione dei dati personali.
•Il referente scolastico per le iniziative contro il bullismo e il cyberbullismo.
Uno degli strumenti principali previsti dalla normativa del 2017 (legge n. 71, art. 4, comma III), indirizzati all’impegno contro il fenomeno in questione, in ambito scolastico, è quello di inserire presso ogni istituto una figura di sostegno, con compiti di coordinamento delle più disparate iniziative di prevenzione e contrasto. Il referente deve essere individuato fra i docenti di ogni Istituto Scolastico, e agisce nell’ambito dell’autonomia assegnatagli dalla normativa. Tale figura può avvalersi della collaborazione di forze esterne, quali polizia e carabinieri, psicologi o esperti del settore.
Il cyberbullismo sulla chat di classe.
Il Tar Campania – Napoli con una Sentenza del 2018 ha esaminato una vicenda in cui erano stati inviati messaggi offensivi sulla chat di una classe, fuori dal contesto della scuola e, pertanto, in orario extrascolastico: ciononostante, i giudici hanno considerato legittimo il provvedimento adottato dal Consiglio di classe (di una scuola secondaria di primo grado), col quale era stato attribuito ad un’alunna, al termine dell’anno scolastico conclusivo del ciclo di studio, il voto di comportamento (ex voto di condotta) di 7/10, in quanto autrice di frasi offensive nei confronti di una compagna, pubblicate sulla chat whatsapp della classe. In definitiva, irrilevante è stata la circostanza che la condotta non si fosse svolta a scuola e in orario scolastico: l’articolo 7 del DPR n. 122/2009, nel definire i parametri a cui il Consiglio di classe deve attenersi nel formulare il voto di comportamento, prende in considerazione l’atteggiamento complessivo dello studente ed il suo porsi nei rapporti interpersonali, con insegnanti e compagni.