Napoli: l’importanza del contrasto alla Dispersione scolastica nei territori con maggiori difficoltà

Negli ultimi tempi si è fatto un significativo lavoro per garantire il diritto allo studio di tanti bambini e ragazzi. Nell’area metropolitana della terza città d’Italia sono state oltre tremila le segnalazioni delle scuole per mancata frequenza, di cui circa il 22 per cento sono arrivate al vaglio degli organismi di competenza poiché, nonostante l’ammonimento dei sindaci, i ragazzi non sono rientrati nelle aule.

In primo luogo gli istituti scolastici che con i propri dirigenti segnalano al sindaco
e dunque all’amministrazione comunale l’inadempienza o la frequenza irregolare che, in caso di recidiva o persistenza, provvede a segnalare a sua volta alle autorità giudiziarie, che possono sanzionare i genitori fino a due anni di reclusione. Queste procedure hanno avuto buoni risultati. Le segnalazioni hanno contribuito a rendere più consapevoli i genitori della gravità rappresentata dall’inadempienza. Il messaggio è chiaro e forte: se l’educazione è un diritto dei minori, il genitore o chi ne fa le veci che l’ostacola sta commettendo un reato penale, danneggiando i propri figli. Sta, cioè, commettendo contro i propri figli il furto del loro futuro.

Altrettanto chiaro e forte è un ulteriore messaggio: lo Stato intende tutelare i minori anche dai loro genitori, se questi si rivelano incapaci, inadeguati, inadempienti. Questo è un tasto molto delicato, ma ineludibile.
Se lo Stato, infatti, soprattutto in certe
realtà più difficili – come quella dell’area Nord di Napoli, o in alcune zone della provincia – non interviene per garantire il rispetto dei diritti fondamentali dei minori, il rischio del crollo della credibilità è enorme.
È evidente dunque che i risultati positivi raggiunti sono solo un punto di
partenza, ma che non ci si può limitare a intervenire con la repressione o il timore della galera nei confronti dei minori.

Quello della dispersione scolastica è, in effetti, un problema socio-culturale su cui le istituzioni hanno il dovere di intervenire anche in altri modi, facendo il possibile per rendere le scuole dei luoghi di accoglienza dove l’insuccesso per i soggetti più deboli possa essere trasformato in opportunità.

La scuola stessa, inoltre, dovrebbe rimettere in gioco i fondamenti stessi
dell’istruzione. A partire dallo stesso concetto di “dispersione” che allude,
inevitabilmente, a un confine netto e rigido tra un “dentro”, che è l’istituzione scolastica, luogo protetto, con le sue attività strutturate, e un “fuori” che corrisponde alla strada, al rischio, al pericolo, dove ci
si “disperde”. Un vero ripensamento educativo dovrebbe partire proprio
dall’annullamento di questo confine.

Bisognerebbe portare, cioè, all’interno della scuola un po’ di “rischio” esterno, nel
senso dell’imprevedibilità dei percorsi, della loro vivacità, della scoperta, dell’esplorazione didattica; e arricchire, al contrario, l’esterno con un “accompagnamento”, una conoscenza strutturata, con il coinvolgimento di
altri soggetti (famiglie, associazioni), che facciano percepire come più protette, meno rischiose, certe realtà nei quartieri frontiera delle nostre metropoli.

Solo così, rendendo cioè fluida la contrapposizione chiuso/aperto, scuola/realtà esterna, certe dinamiche di inclusione possono trovare un loro sviluppo virtuoso per gli alunni a rischio dispersione, o per quelli che non frequentano le classi a cui sono stati assegnati, i quali devono ritrovare, tutti, motivazioni e curiosità per la
conoscenza. Così come i genitori possono e devono essere convinti del fatto che la scuola, e non la strada, sia per i figli la vera
“palestra di vita”, nel senso della formazione di una cittadinanza attiva e consapevole, l’unica possibilità seria ed affidabile per garantire loro un futuro.

Ricordiamolo, la scuola oltre a rappresentare studio, conoscenza, cultura, è anche educazione, crescita civile e di cittadinanza; è luogo in cui nascono e crescono affetti, sentimenti, e si affermano le prime amicizie; un ambiente dove l’identità si sviluppa e prende forma, dove si entra bambini accompagnati per la mano e si esce uomini e donne pronti all’ingresso nella società.

Ennio Silvano Varchetta
Ennio Silvano Varchetta

𝑬𝒏𝒏𝒊𝒐 𝑺𝒊𝒍𝒗𝒂𝒏𝒐 𝑽𝒂𝒓𝒄𝒉𝒆𝒕𝒕𝒂
Docente e giornalista pubblicista. Scrive di scuola, attualità, cultura. Collabora con periodici e quotidiani. È presidente di un’ associazione culturale, L’ElzeViro e membro della Stampa Campana – Giornalisti Flegrei. Con istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado promuove convegni e incontri su Educazione alla Legalità, Storia, Letteratura, Politica, Sociale. È docente di Sostegno – area umanistica con una specializzazione polivalente post laurea in strategie di inclusione pedagogica in un liceo della provincia di Napoli. Si è occupato per diversi anni di dispersione scolastica e minori a rischio in aree difficili e periferiche della città di Napoli. Ha ricoperto svariati incarichi nelle scuole e negli istituti statali.
Promotore di iniziative ed azioni progettuali come tavole rotonde, seminari, concorsi letterari, presentazioni editoriali.
È iscritto all’Associazione Nazionale Carabinieri.

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