“8 gennaio, sembrava una giornata come tante, coperta dalle nuvole, umida e un po’ fredda, almeno per me che vivo in regime di detenzione domiciliare da più di un anno: una giornata uguale alle altre senza sorprese, piatta, dettata come da un copione da abitudini e ricordi, magari i più belli quelli che negli anni mi sono portata dietro e che oggi sono il mio unico patrimonio al quale posso attingere per ritrovare un po’ di serenità o regalare un sorriso.
Avevo seguito vari telegiornali come solitamente faccio per tenermi sempre aggiornata su quello che accade nel mondo ed avevo appreso della notizia dell’arresto della giornalista Cecilia Sala, una di noi, un’italiana che svolgeva il suo lavoro di giornalista e reporter in Iran, in un momento delicato e pericoloso per quel Paese.
Le uniche notizie trapelate erano riferite alla detenzione di Cecilia in un carcere di massima sicurezza in Iran. È stata arrestata senza alcuna motivazione, poi nei giorni successivi è stato reso noto che la giornalista aveva violato leggi Iraniane.
Subito ho pensato a quanto oscura fosse la cosa in quanto la mancanza di una formulazione del reato proiettava la mente al di là di ogni logica spiegazione. Pensai anche che non sarebbe stato facile ottenerne la liberazione proprio per la mancanza di elementi che avrebbero resa valida un’accusa per una ragazza che nell’arco di 30 minuti era passata da un albergo al carcere duro.
Le notizie continuavano ad arrivare sempre molto vaghe e nel silenzio del Governo italiano procedevano le trattative per il suo rilascio. Non puoi che rimanere attonito dinanzi ad una notizia simile che aveva il sapore dell’incubo, di un futuro incerto e grigio che non prospettava nulla di buono.
Poche notizie e qualche ricerca giusto per rendermi conto di quali potessero essere le condizioni nelle quali poteva versare Cecilia, in un carcere straniero le cui condizioni disumane sono note a livello internazionale. Ma come un regalo, senza possibilità e pronostici dopo qualche giorno ci giunge la notizia attraverso i TG che Cecilia è libera: torna in Italia!
Mi sono commossa, come se avessero liberato me….. Ero felice e non mi sono voluta fare domande nel su come e nemmeno se ci fosse stato come ipotizzato dalla stampa qualche scambio di prigionieri: non mi interessava, cercavo solo di calarmi nel suo stato d’animo, di quella ragazza che ritornava a vivere lontano dalle sbarre, sotto il cielo respirando aria pulita, libera da un incubo.
Cecilia ritornava in Italia con il volo F 900 atterrato a Roma, all’aeroporto di Ciampino. Incollata al televisore per un’edizione straordinaria, ho seguito il suo arrivo, una sola foto scattata che ritengo sia l’espressione più alta della felicità di chi riacquista la libertà; Cecilia che abbraccia il compagno una volta scesa dalla scaletta di quell’aereo. Era finita! Molto si è detto sulla sua detenzione: privata degli occhiali, dell’orologio, in isolamento e senza materasso. Sappiamo quali siano le condizioni che si vivono in queste carceri più volte raccontate e documentate, ma tengo a precisare che in Italia tutti i detenuti appena arrestati sono privati di occhiali e orologi fino a quando non si ha la possibilità di averne in sostituzione altri che possano non divenire oggetto di violenza; l’isolamento è lo stesso. L’unica cosa che le carceri italiane offrono é il materasso che nelle pene definitive il detenuto deve anche pagare se lavora all’interno dell’istituto e se non lavora ti arrivano le spese a casa con cartelle esattoriali con la dicitura “Spese di Giustizia”.
Dopo qualche giorno ho sentito qualche intervista di Cecilia, la quale ha raccontato di aver scandito il tempo con le dita e trovato rifugio in un libro. Ho trovato molte similitudini con la storia mia e quella di altre mie compagne di detenzione. Ho pensato in questi giorni al quell’articolo della Costituzione Italiana che tutela il rispetto della persona, principio ripreso anche dal presidente della Repubblica nel suo discorso agli Italiani per Natale. Nei luoghi di detenzione e dietro quelle sbarre siamo tutti uguali: innocenti e colpevoli. Ed in quella uguaglianza allo stesso modo tutti dovremmo essere trattati con rispetto perché siamo esseri umani.
Tanti auguri Cecilia…. So che non sarà facile dimenticare, non si può dimenticare un’esperienza come la tua, sarà sempre un argomento, un ricordo che ti porterai dietro per sempre. Torna a vivere Cecilia e torna al tuo lavoro affinché non sia stato vano il tuo sacrificio”.
Nanà