Il libro della Sapienza regala anche questa domenica spunti di riflessione applicabili in ogni tempo ed in ogni contesto. «Quale uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore? I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni, perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni. A stento immaginiamo le cose della terra, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi ha investigato le cose del cielo? Chi avrebbe conosciuto il tuo volere, se tu non gli avessi dato la sapienza e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito? Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra; gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito e furono salvati per mezzo della sapienza».
Ho ascoltato la lettura dalla voce di G., detenuta della casa circondariale femminile di Pozzuoli. Una donna di bella presenza, tra i 40 e i 50 anni forse, che mi ha rapita con il suo tono fermo, perentorio su alcuni passaggi. Legge la prima lettura “sentendo” il significato di quanto proclama. Ha attirato la mia attenzione che era temporaneamente distratta su una corda stonacchiante della chitarra. Mi sono soffermata ed ho “sentito” anche io. Quante incomprensioni appesantiscono l’anima. Crediamo di conoscere e comprendere tutte le logiche terrene; il perché delle cose; esprimiamo giudizi istintivi ed emettiamo condanne definitive, senza lasciare spazio alle ipotesi di errore o di cattiva valutazione dei fatti. Tutto ciò che appesantisce il cuore, rende turbata la nostra vita. Pretendiamo di conoscere “le verità” altrui, e non siamo in grado di scrutare neanche un angolo di noi stessi.
Dopo la Santa Messa G. si avvicina a me e mi dice di essere una psicologa. La incontrerò presto per conoscerci, anche dietro le sbarre ha tanto da raccontare e da insegnare. Se ci penso, in fondo, dovevo aspettarmelo che l’intonazione data alla lettura avesse uno scopo ben preciso. Ma solo per chi è in grado di cogliere, ascoltare, calarsi in un’ascetica e critica riflessione sul proprio agire. Come ho fatto io e come fanno pochi. Superbia, intolleranza, orecchio sordo. Ecco i peccati dilaganti impalpabili, non codificati ed apparentemente innocui. Condannano e danno sofferenza alle persone che vivono intorno a chi li esercita. La preghiera più sentita di oggi per me è che tutto ciò lasci spazio al perdono. Vivere perdonando è l’unico elemento di pace per se stessi.