“Bisogna imparare dall’esperienza” è un detto ripetuto da tanti. Ed è il motivo per il quale chi subisce un trauma, come la famiglia Zito, investita violentemente da uno Tsunami nel mentre si accingeva a partire per le vacanze, intende raccontare la propria esperienza. “Un dovere verso la mia comunità – dichiara Palmira, raggiunta telefonicamente stamattina – perché la situazione vissuta da noi possa favorire il miglioramento di contesti sociali che non hanno funzionato”. L’impressionante racconto di chi si ritiene un miracolato, nonostante le contusioni riportate dal violento impatto: “Io, mio marito e mia figlia grande abbiamo solo contusioni e lievi escoriazioni. In particolare, io ho un trauma toracico dovuto alla cintura di sicurezza che, comunque, mi ha salvato la vita. Mia figlia piccola è stata appena dimessa dal Cardarelli, dove è stata ricoverata a causa di una microfrattura all’osso frontale e trauma cranico. L’esperienza vissuta domenica scorsa non sarà per noi facile da superare. Ho davanti agli occhi in ogni istante la scheggia rossa spuntata dal nulla, che improvvisamente ci ha travolti e spezzato la spensieratezza di una giornata partita con tutt’altro entusiasmo. L’arrivo delle ambulanze è stato tempestivo, ringrazio ancora profondamente gli angeli che mi hanno assistita e supportata in quei momenti drammatici. Sono stata portata via senza sapere nulla della mia famiglia, delle mie figlie e questo per ore mi ha fatto impazzire di dolore. Poi il calvario dell’ospedale di Pozzuoli che non mi accettata e la reticenza del San Paolo che, solo dopo una lunga insistenza degli operatori sanitari, mi ha finalmente soccorsa. Ma a noi, alle mie figlie soprattutto, è mancato un supporto psicologico; ritengo che sia un sostegno fondamentale in questi momenti traumatici. Mia figlia piccola per diverse ore ha avuto un blocco del linguaggio e Dio solo sa quali saranno le conseguenze che a lungo termine ci saranno da questa orrenda vicenda.” Il racconto lucido di Palmira rende chiara la riflessione di quanto sia stato sottovalutato il “sentire” di chi si è affidato alle cure sanitarie pubbliche. Eppure in una situazione del genere, almeno un minorenne dovrebbe essere supportato da uno specialista che, con professionalità, potrebbe tentare di ricucire uno strappo dell’anima che, a quell’età, non può essere né messo in conto, né elaborato.
Anche sul piano della viabilità ci sono delle criticità su cui lavorare. Via Solfatara spesso è teatro di incidenti stradali, alcuni anche gravi, nonostante sia un centro densamente abitato e su cui insista una scuola media. Inoltre, altro problema fortemente avvertito dalla popolazione è il blocco del traffico in caso di situazioni improvvise e imprevedibili. Al Rione Solfatara, dove è stato dirottato il traffico dopo l’incidente di domenica, la situazione si è subito paralizzata ed è stato solo grazie alla solerzia di alcuni cittadini che si è riusciti a procedere nella circolazione. Una cittadina ci scrive: “Sono rimasta bloccata tra il muro e un’auto per venti minuti sotto il sole rovente. Sono stata colta da un attacco di panico ed ho creduto di morire. Solo grazie all’aiuto di un cittadino che siamo riusciti a spostarci in una posizione che mi ha consentito di scendere dall’auto. Non dimenticherò mai quei momenti. Scesa giù dal rione ho protestato con un agente di polizia municipale, invitandolo a bloccare ulteriori risalite di auto”. È fondamentale che i soggetti preposti, ciascuno per il proprio ambito, si facciano carico dei fatti testimoniati, affinché si possa migliorare imparando dall’esperienza.