In questi due anni la diffusione della pandemia e la sospensione di gran parte delle attività culturali hanno determinato un appiattimento alla vivacità della città. Le flotte di turisti e le attività artistiche e culturali diffuse, con iniziative, kermesse e manifestazioni, sono solo un vago ricordo. I prossimi rappresentanti istituzionali di Napoli, penso che sappiano bene che le chiavi per la ripartenza sono in buona parte proprio nell’attività culturale che si sarà in grado di tutelare e promuovere. Il fitto tessuto di associazioni, che sempre di più nel corso degli anni ha assicurato alla città la valorizzazione delle sue risorse, spesso sostituendosi alle istituzioni e riuscendo in imprese sorprendenti, è ormai lacero dopo circa due anni di fermo delle attività a causa del Covid. Sin qui nulla di strano se non fosse che la normativa nazionale che intende assicurare al Paese la “ripartenza” prevede norme anti contagio assai stringenti, come quelle che limitano al 50% dei posti disponibili il numero di partecipanti ai singoli eventi, che di fatto rischiano di penalizzare tutte le iniziative fondate sui soli incassi dei biglietti venduti. È qui che deve inserirsi l’attenzione della prossima classe politica, centrale e periferica promuovendo anzitutto una realtà dinamica di corrispondenza tra imprenditoria e cultura. Gli strumenti potrebbero essere le erogazioni liberali a sostegno della cultura.
Una sorta di mecenatismo culturale: si tratta di renderlo operativo, un po’ come accade al Nord, superando però la piaga dell’evasione.
Realizzare questa sinergia potrebbe assicurare di nuovo alla città il suo ineguagliato fermento e al contempo favorire ricadute benefiche su ristorazione, accoglienza, indotto turistico e commerciale, cultura a tutti i livelli, in un circolo virtuoso e di sviluppo. Ma c’è un’altra “rete” che andrebbe testata e realizzata a seguito delle sperimentazioni più o meno recenti e comunque sempre isolate nel corso della
nostra storia, ossia quella tra Enti culturali, pubblici e privati, operativi sul territorio.
In fondo l’ipotesi ha senso ed è stata comprovata dalle iniziative già poste in essere da diversi centri di cultura e poli di formazione. È chiaro che nessuna delle due reti di collaborazione, imprenditoria e cultura, enti culturali e associazioni
indipendenti, può funzionare senza il tramite e il lavoro dell’amministrazione comunale e delle Municipalità, chiamati a giocare le carte progettuali nelle sedi opportune. E qui il pensiero non può che andare alla soluzione degli atavici problemi che riguardano la rete dei trasporti, per la cui soluzione è necessario un impegno importante: potersi spostare liberamente e con un trasporto pubblico efficiente, significa avere meno auto private in strada e di conseguenza avere un migliore scorrimento veicolare. Può sembrare un’architettura complessa ma Napoli va restituita alla molteplicità di iniziative che ne stava agevolando la ripresa e ad esse vanno anzi aggiunte sfide fondamentali come il rilancio delle periferie. Ed è proprio sul terreno della responsabilità culturale che si gioca anche la partita del recupero di integrità del tessuto sociale, centrale e periferico. Ogni bambino e ogni ragazzo avvicinato dalle attività culturali espresse sul territorio è un supporto concreto alle famiglie, terra recuperata alla legalità, la frontiera che si sposta in avanti lungo la strada dello sviluppo. Per quanto possa sembrare un luogo comune, non si deve incorrere nell’errore di trattare Napoli come ogni altra città. I suoi problemi vanno affrontati uno ad uno: ogni territorio ha una sua identità con criticità ma anche con punti di forza. Puntare sui secondi per risolvere le prime. Ai prossimi rappresentanti istituzionali si chiede di avere una visione chiara in ambito culturale, riportare la città fuori dall’isolamento e riassicurarle il ruolo di protagonista della scena culturale cittadina, regionale e nazionale come è scritto nel suo dna. Diversamente la somma dei problemi non decisamente affrontati, l’assenza di valide progettazioni, la mancanza di interventi mirati, porterebbero inevitabilmente a cambiamenti sociali, economici e culturali i cui effetti negativi
non tarderebbero ad arrivare.