Intervista al Prof. Antonio Giordano

Consigli su Covid e prevenzione oncologica

Il Prof. Antonio Giordano è un accademico, oncologo, patologo, genetista e ricercatore italiano naturalizzato statunitense. Premio Dicearchia 2017 è da anni apprezzato in tutto il mondo e, in particolare, dalla comunità puteolana. Raggiunto telefonicamente a Philadelphia ha concesso un’intervista al Blog di Giò.

Prof. Giordano che parere esprime sugli attuali contagi in Italia?

Oggi il numero dei contagi é abbastanza elevato e preoccupante, soprattutto se pensiamo agli sforzi e ai sacrifici compiuti questo inverno, anche a danno dell’economia e della nostra salute psichica. Le terapie intensive non sono ancora intasate poiché abbiamo imparato a conoscere l’infezione e sappiamo gestirla per tempo, ma il numero dei nuovi positivi non è da sottovalutare. Bisogna attuare il più possibile azioni responsabili per non trasformarci in “veicoli” del virus.

Ritiene che ci sia un collegamento tra inquinamento ambientale e epidemia da covid 19?

Assolutamente si. Innanzitutto lo sviluppo di nuove forme virali pandemiche è sicuramente dovuto ad un alterato equilibrio tra uomo ed ambiente. Inoltre, è importante ricordare che un ambiente inquinato agisce come amplificatore degli effetti di una patologia. Per fare un esempio attuale posso dire che è lecito ipotizzare un possibile stretto legame tra covid ed inquinamento ambientale. Alcuni studi, seppur con limitazioni metodologiche, hanno individuato una correlazione tra alti tassi di mortalità nel Nord Italia ed alte concentrazioni di particolato atmosferico (PM2.5 e PM10). È ben noto che l’inquinamento atmosferico è una delle principali cause delle malattie respiratorie al mondo. L’inquinamento dell’aria, il fumo e l’ipertensione sono i fattori di rischio più importanti per la salute e che causano ogni anno 2.9 milioni di morti premature in tutto il mondo. Un’alta concentrazione di particolato rende il sistema respiratorio più suscettibile all’infezione e alle complicanze della malattia da coronavirus. L’ipotesi di un possibile collegamento tra la diffusione del COVID-19 e l’inquinamento atmosferico è senz’altro interessante.

Che opinione ha sul ruolo della medicina territoriale in questo contesto epidemiologico?

La medicina territoriale ha ruolo fondamentale soprattutto in ambito di prevenzione. I medici di famiglia, in genere, sono persone di fiducia e conoscono i rischi legati al territorio. È fondamentale il loro ruolo di collegamento tra paziente e sanità. I medici devono informare i pazienti e spingerli ad attuare stili di vita sani ed effettuare tutti gli screening oggi a loro disposizione.

In merito alla tematica ambientale e alla epidemia oncologica che ha caratterizzato l’ultimo ventennio, che può consigliare ai nostri lettori sulla prevenzione?

Nell’ultimo ventennio sono stati attuati sforzi  per sensibilizzare la popolazione all’adozione di stili di vita idonei a prevenire patologie croniche. Sappiamo ormai che il tumore è una malattia multifattoriale: contribuiscono al suo sviluppo non sono i geni ma anche gli stili di vita e la qualità dell’ambiente in cui si vive. La forma di prevenzione primaria è proprio l’eliminazione dell’esposizione ad eventuali carcinogeni così come la conduzione di sili di vita corretti. Le tante campagne contro il fumo ne rappresentano un valido esempio. Ma, oggi, abbiamo anche la possibilità di riconoscere prima e curare meglio la patologia, pertanto, anche la prevenzione secondaria e terziaria svolgono un ruolo fondamentale nella lotta ai tumori. La mia opinione in merito è che oggi la scienza e la politica devono lavorare in sinergia in modo da implementare i sistemi di prevenzione, informare la popolazione e studiare come meglio trattare determinate patologie.

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