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Immunoterapia contro il cancro non è il Sacro Graal

Antonio Giordano: “Il nostro gruppo ha appena concluso un’analisi indipendente delle cosiddette ‘terapie di prima linea’ per il mesotelioma e anche per altri tumori a maggiore incidenza. I risultati sono sorprendenti e contiamo di pubblicarli presto”

L’immunoterapia ha suscitato grandi speranze nei medici e nei malati di tumore. E non c’è dubbio che l’uso di farmaci recentemente approvati per “potenziare” la risposta immunitaria alle cellule tumorali rappresenti una novità che ha arricchito l’arsenale di munizioni contro il cancro. Tuttavia, anche se alcuni di questi farmaci (denominati Immune-checkpoint-inhibitors, ICi) sono stati a volte salutati come “miracolosi”, attualmente si sta ponendo la questione di una più profonda comprensione del loro reale impatto sulla sopravvivenza dei pazienti.

Una prima rispost arriva dagli autori della lettera scientifica pubblicata su Lancet Oncology, dal titolo evocativo: “Qual è la reale efficacia dell’immunoterapia di seconda linea nel mesotelioma?”. Un interrogativo che anticipa chiaramente ciò che gli autori intendono dimostrare nel loro lavoro.

Gli autori – scienziati italiani in parte attivi negli Usa – offrono un’analisi degli studi più recenti che utilizzano ICi per il mesotelioma refrattario, a partire da un recente articolo pubblicato da D. Fennell et al su Lancet Oncology nell’ottobre 2021.

Senza dubbio è un disegno piuttosto unico. Per il braccio di controllo, in primo luogo, perché i pazienti in trattamento con nivolumab (ICi) vengono confrontati con i pazienti trattati con placebo. Ciò solleva una profonda preoccupazione etica, perché è chiaro che a un gruppo di pazienti è stato negato qualsiasi trattamento” scrive Luciano Mutti, presidente del Gruppo Italiano Mesotelioma e Adjunct Professor alla Temple University e Sbarro Health Research Organization (Shro). Non sorprende che nivolumab sia leggermente superiore al placebo, ma un disegno dello studio scientificamente valido avrebbe dovuto confrontare nivolumab con il trattamento standard di seconda linea”, conclude Mutti.

Altri recenti studi clinici su pazienti con mesotelioma refrattario sono commentati da Pier Paolo Correale, direttore dell’ Unità di Oncologia Medica del Grande Ospedale Metropolitano Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria. “I risultati sono molto chiari; nessuno degli attuali trattamenti in questo ambito è superiore (in particolare ICi vs chemioterapia) perché la sopravvivenza dei pazienti ai diversi regimi terapeutici considerati è la stessa” stigmatizza Correale, che prosegue: “Nonostante questi fatti, siamo costernati nel notare come i risultati dei processi siano spesso distorti e fuorvianti. Questo trial con nivolumab è stato salutato direbbe sui social e sul web come in grado di ‘migliorare la sopravvivenza’ dei pazienti con mesotelioma. Notiamo purtroppo che sugli stessi siti web i dettagli sul confronto con il placebo sono stati omessi o, quanto meno, fortemente minimizzati. Questo è irrispettoso verso i pazienti e verso la verità”.

Sulla stessa linea le considerazioni conclusive di Antonio Giordano direttore e docente dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine, docente di biologia molecolare alla Temple University e all’Università di Siena, che solleva altre preoccupazioni e propone una strategia per cercare di risolvere lo scenario attuale che coinvolge l’oncologia più in generale: “In collaborazione con altri due team internazionali specializzati in statistica biomedica, il nostro gruppo ha appena concluso un’analisi indipendente delle cosiddette “terapie di prima linea” per il mesotelioma e anche per altri tumori a maggiore incidenza. I risultati sono sorprendenti e contiamo di pubblicarli presto” anticipa. “E’ chiaro che la procedura per l’approvazione di nuovi farmaci necessita di una rivisitazione. In particolare le approvazioni “fast track” devono essere seguite da solidi studi di conferma, altrimenti il rischio di ritiro ritardato (sempre che avvenga) finisce per danneggiare i pazienti esposti a tossicità inutile. D’altra parte approvazioni affrettate obbligano i sistemi sanitari a sostenere l’impatto di costi esorbitanti dei nuovi farmaci antitumorali”, sottolinea ancora Giordano.

Se si considera che a volte le approvazioni precipitose influenzano le linee guida e alcuni Paesi (come l’Italia) fanno riferimento alle linee guida quando un medico viene chiamato in causa per negligenza, diventa facile capire, ancora una volta, quanto sia fondamentale attenersi alle evidenze scientifiche di sperimentazioni cliniche concepite nell’ottica di rispondere ai bisogni dei pazienti”. Ecco perché, secondo i ricercatori, è importante accendere un faro sui reali vantaggi legati all’immunoterapia, che – dicono – non è il Sacro Graal contro il cancro.

 

FONTE: Margherita Lopes – FORTUNE HEALTH

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