Il Ciai, il Centro italiano aiuti all’infanzia, il più antico tra gli enti che si occupano di adozione internazionale (e non solo), dopo un lunghissimo dibattito durato anni all’interno dell’associazione, migliaia di adozioni realizzate, migliaia di progetti di cooperazione, ha deciso di prendere una posizione pubblica: si dichiara a favore della possibilità di adottare o di avere in affido un bambino anche per single e coppie omogenitoriale.
Mentre il Governo Meloni si mostra inflessibile ed impietoso ad una realtà che vive sotto i nostri occhi, il CIAI rende noto il lieto fine di una serie di approfondimenti scientifici e normativi, iniziati nel 2012, che tra ricerche sul campo e confronti diretti, ribadisce che “l’adozione e l’affido familiare da parte di coppie omogenitoriali e di single rappresentino, per bambini e bambine, la stessa valida opportunità di avere una famiglia stabile e affetti sicuri rispetto a una famiglia eterosessuale”.
Negli ultimi anni c’e stato un enorme aumento di richieste da parte da genitori gay o single, spesso risolto con l’adozione speciale istituita dall’articolo 44 della legge 184, istituita nel 1983 e che permette l’adozione “solo ai coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni tra i quali non sussista separazione personale neppure di fatto”.
La presa di posizione del Ciai mette in evidenza quanto sia importante riscrivere la legge attuale sulle adozioni. C’è un buon numero di bambini e ragazzi che potrebbe così trovare un approdo. Sono circa mille ogni anno i minori che vanno in adozione nazionale, e solitamente sono i più piccoli. Ce ne sono altri però, a volte più grandi, che faticano a trovare chi voglia dare loro una famiglia. Per questo il Ciai ha deciso di inaugurare “un servizio online appositamente dedicato a fornire consulenza psicologica a persone omosessuali che intendono prendere in affido o adottare un minore o lo abbiano già fatto“.
Il numero che i nuovi, potenziali genitori possono chiamare è: 02 8484 4448.
Come evidenzia la pagina Uppa, non c’è differenza tra le capacità dei genitori omosessuali o eterosessuali perché non è questo il parametro per definire un buon genitore: “La ricetta di una buona famiglia non esiste, come non esistono esperienze che sicuramente avranno effetti catastrofici o prodigiosi. Certamente può essere difficile essere figli di una coppia omosessuale, come di stranieri, immigrati, o famiglie con un grado diverso. È questo che abbiamo che abbiamo la responsabilità di provare a cambiare [..] Le buone famiglie sono famiglie in cui si impara ad attraversare cambiamenti, con prove, errori, e nuovi tentativi. Questo si chiama crescita”.
SI RINGRAZIA: La Repubblica, Gay.it
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