Mi ha colpito forte, più di tante altre storie di cronaca nera. Sono cresciuta in una casa dove gli uomini stendevano il bucato e ho sposato un uomo che sa stirare. Il puro formalismo spesso può rispecchiare la capacità di tollerare (pur sopportandone il peso) che una donna possa essere più avanti e che la sua vita personale e professionale possa trovare degli sbocchi che impongono all’uomo non solo di apprezzarne il risultato, ma anche di muoversi in casa per favorirne l’ascesa.
Conosco uomini che hanno accettato l’ampliamento delle prospettive professionali della propria compagna solo secondariamente al compimento prioritario degli oneri familiari. E conosco uomini che hanno frenato la propria affermazione professionale per favorire la crescita degli orizzonti della consorte. Interroghiamoci su come crescono i figli dell’una e dell’altra famiglia.
Lo stereotipo cancrenato nella nostra società che impone ruoli e schemi arcaici, si esprime anche nella satira. È noto il monologo di una comica napoletana sul ruolo della donna: narra di quanto nell’ambiente lavorativo sia diventato faticoso “fare la zoccola”. Ci sarebbe tanto da dire anche sulla figura del “femminiello napoletano” che come unico scopo nella vita ha quello di prostituirsi: a teatro, vi assicuro, fa scompisciare dalle risate intere sale.
La sorella di Giulia Cecchettin intervenuta in una trasmissione televisiva, formula in diretta un discorso che viene poi pubblicato sul Corriere della Sera: «Filippo Turetta non é un mostro. Un mostro è un’eccezione, una persona esterna alla società, una persona della quale la società non deve prendersi la responsabilità. E invece la responsabilità c’è. I mostri non sono malati, sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro. La cultura dello stupro è ciò che legittima ogni comportamento che va a ledere la figura della donna, a partire dalle cose a cui talvolta non viene nemmeno data importanza ma che di importanza ne hanno eccome, come il controllo, la possessività, il catcalling. Ogni uomo viene privilegiato da questa cultura. Viene spesso detto “non tutti gli uomini”. Tutti gli uomini no, ma sono sempre uomini. Nessun uomo è buono se non fa nulla per smantellare la società che li privilegia tanto. È responsabilità degli uomini in questa società patriarcale dato il loro privilegio e il loro potere, educare e richiamare amici e colleghi non appena sentano il minimo accenno di violenza sessista.
Ditelo a quell’amico che controlla la propria ragazza, ditelo a quel collega che fa catcalling alle passanti, rendetevi ostili a comportamenti del genere accettati dalla società, che non sono altro che il preludio del femminicidio. Il femminicidio è un omicidio di Stato, perché lo Stato non ci tutela, perché non ci protegge. Il femminicidio non è un delitto passionale, è un delitto di potere. Serve un’educazione sessuale e affettiva capillare, serve insegnare che l’amore non è possesso. Bisogna finanziare i centri antiviolenza e bisogna dare la possibilità di chiedere aiuto a chi ne ha bisogno. Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto».
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