“Una memoria da salvaguardare”. Cosi’ scrivevo su un quotidiano locale decenni fa. Definiamo la tipologia del cosiddetto “basso”: era l’unita’ abitativa posizionata al piano terra, con accesso esclusivo dalla pubblica via. Quest’ultima, era un continuo dello stesso “basso”, che non aveva altre fonti di luce naturale diversa dal varco d’entrata. A Pozzuoli il solo RIONE TERRA potrebbe consentire la salvaguardia del basso, quale esempio di memoria edilizia, visto che in altri quartieri della citta’ i bassi sono scomparsi in seguito al sostitutivo “cambio di destinazione d’uso”. Il basso, per la sua specifica, è stato negli ultimi secoli, l’ alternativa residenziale all’appartamento piu’ borghese, quest’ ultimo occupato solo da chi godeva di un reddito fisso in grado di garantire il puntuale pagamento del canone d’affitto. L’ umile dimora era composta, invece, da un unico ed ampio vano nel quale si “inventavano” tutti gli ambienti casalinghi che formavano per definizione l’abitazione. Si vuole ora descrivere la struttura tecnica compositiva del classico “basso puteolano”.
LA PORTA d’INGRESSO. Realizzata di norma da un solo battente in legno, diviso in due parti, quella inferiore, alta circa un metro, consentiva l’affaccio all’adiacente strada e assolveva, quando era sbarrata, al compito di interdire l’accesso ai vari animali del vicolo. La superiore veniva aperta per tutto il tempo occorrente a ricevere la luce naturale ed areare l ‘ambiente. Quest’anta veniva chiusa solo nelle notti invernali, mentre in periodi caldi era lasciata aperta e assicurava la riservatezza della famiglia con una tendina.
IL SOFFITTO: era costruito e sostenuto da grosse travi di legno, in genere di castagno, e intervallato da “chiancarelle”, panconcelle divise in due parti longitudinali di circa un metro e dieci centimetri di diametro, rivestite di giornali, ai quali si incollava la carta bianca, cosi’ da offrire un tono di luminosita’ all’ intero ambiente. Talvolta le travi e le “chiancarelle” venivano occultate da una tela di sacco, un ingegnoso sistema che consentiva di ottenere un soffitto abbastanza regolare. La grossa veniva legata ad una griglia di filo zincato che congiungeva tutti gli angoli delle pareti e stratificata con carta che periodicamente veniva imbiancata con la calce.
LE PARETI: i muri erano , in genere, irregolari, intonacati con calce, in qualche caso diluita con morbido “sapone di Marsiglia”, tali da rendere le pareti lavabili. Le pareti erano addobbate con immagini sacre e “figurelle” ed un altarino con foto dei defunti, mentre a capoletto si appendeva una riproduzione della “Sacra famiglia”, mentre una scarna lampadina scendeva dal soffitto.
IL PAVIMENTO: generalmente era realizzato con “riggiole” di forma quadrata, esagonali oppure ottogonali, ravvivate da colori uniformi rosso pompeiano, blu, grigio. In alcuni casi si tracciava una riquadratura grecata che incorniciava tutta la pavimentazione. Ancora piu’ difficile era trovare piastrelle composte da piccole scaglie di marmo definite a “sale e pepe “. Dove la poverta’ era tale da non consentire un ‘adeguata pavimentazione, l’ingegnosità degli occupanti poteva risolvere il problema semplicemente stendendo sul calpestio di nuda terra ‘0 ntressuolo. Il classico “beverone”, un miscuglio di cemento bianco con una tenue colorazione. Prima che si indurisse veniva interamente graffiato con incisioni, imitazione dei contorni geometrici delle mancanti “riggiole”.
LA CUCINA: gli abitanti dei bassi potrebbero essere definiti i precursori del moderno “angolo di cottura”. Infatti, una nicchia, ricavata nel muro portante, alloggiava il semplice focolare a legna, poi sostituito dal piu’ comodo fornello a tre fuochi, il “PI. BI GAS”.
IL BAGNO: nel cesso, anch’esso ricavato dalla parete in un incavo a forma di schiena, era collocata la tazza, piu’ piccola di quella attuale, con un lavandino di ghisa, sormontato da un rubinetto in ottone con chiusura a farfalla, mentre una tenda assicurava l ‘intimita’. Spesso, il bagno non era fornito dall’ acqua corrente che, comunque, veniva attinta dalla fontana pubblica. La funzione dello sciaquone igienico era, in ogni caso, assolto da un secchio colmo d ‘acqua che all’occorrenza veniva versato nella tazza.
L’ ARREDAMENTO: pochi ma essenziali i mobili. Un letto matrimoniale con la bambola al centro, un segrete’, un armadio, una cassa per la biancheria, un tavolo con sedie impagliate, e lettini che di sera, “apparivano” un po’ dovunque. La “privacy” veniva in parte assicurata da un paravento, che, scorrendo su un filo zincato, permetteva di delimitare almeno l ‘alcova matrimoniale. La “ballerina” era un mobile basso, composto da un’alta specchiera e da cassettini. “A martera”, ossia la madia, dove si impastava sopra il pane, poi portato ai due forni esistenti sul Rione Terrra.” ‘ O cufanaturo” era il lavatoio, posizionato all’ interno o all’ esterno del basso, in terracotta in forma di cono capovolto, oppure parallepipedo in calcestruzzo a ghiaia fine. In ogni caso ” ‘ o cufanaturo” era coperto dalla “tavulella”, un’asse su cui si lavava e si strizzava il bucato. E’ evidente che il “basso” non puo’ confrontarsi con tante altre strutture abitative che hanno rappresentato la storia e la memoria di POZZUOLI. Pero’ è inconfutabile che il basso rappresentasse e riflettesse un periodo storico e culturale, del Meridione d’Italia ed in particolare del nostro RIONE TERRA.
Antonio Isabettini