È la storia di un bambino modenese che per essere sottoposto ad un delicato intervento chirurgico a causa di una cardiopatia, deve sottoporsi a trasfusioni. I suoi genitori, informati dai sanitari del Suor Orsola della necessità dell’intervento, hanno dato indicazioni di sottoporre il bambino solo a trasfusioni di sangue proveniente da non vaccinati. Il 2 febbraio la Procura per i minorenni aveva presentato ricorso. Il tribunale per i minorenni di Bologna ha sospeso in via provvisoria la potestà genitoriale alla madre e al padre del bambino. Per tali ragioni sono stati nominati tutori i servizi sociali competenti per territorio.
Nei giorni scorsi il giudice tutelare di Modena aveva accolto le ragioni del Policlinico Sant’Orsola sulla necessità dell’intervento e sulla sicurezza del sangue. Ma la famiglia del bimbo aveva chiarito attraverso il proprio legale, di non aver mai negato il consenso all’intervento, chiedendo tuttavia “per motivi di carattere religioso” che il sangue della trasfusione venisse da soggetti non vaccinati. In un primo momento si era diffusa la notizia che il diniego derivasse dalla convinzione che il sangue dei vaccinati potesse nuocere al bambino, ma successivamente i genitori hanno chiarito che le motivazioni sono di natura religiosa. I vaccini a vettore RNA utilizzerebbero cellule umane derivate da feti abortiti, tesi fortemente contestata dalla comunità scientifica. Sulla tematica c’è stato un approfondimento della Ponteficia Accademia per la Vita riportata da Avvenire nel settembre 2021.
”Il nodo morale non è nuovo: alle linee fetali si fa ricorso anche per vaccini contro morbillo, rosolia e varicella, tanto che nel 2017 la Pontificia Accademia per la Vita, l’Ufficio Cei per la Pastorale della Salute e Medici cattolici, intervennero per «escludere che vi sia una cooperazione moralmente rilevante tra coloro che oggi utilizzano questi vaccini e la pratica dell’aborto volontario» concludendo «che si possano applicare tutte le vaccinazioni clinicamente consigliate con coscienza sicura che il ricorso a tali vaccini non significhi una cooperazione all’aborto volontario»”.
L’irrompere del Covid e lo sviluppo in tempi serratissimi di vaccini per contrastarlo ha dunque riproposto una domanda nota, davanti alla quale tuttavia la Congregazione per la Dottrina della fede è intervenuta il 21 dicembre 2020 con una sua nota, seguita qualche giorno dopo dalla stessa Accademia.
Anzitutto vi si afferma che «quando non sono disponibili vaccini contro il Covid-19 eticamente ineccepibili è moralmente accettabile utilizzare i vaccini anti-Covid-19 che hanno usato linee cellulari provenienti da feti abortiti». Infatti «il tipo di cooperazione al male (cooperazione materiale passiva) dell’aborto procurato da cui provengono le medesime linee cellulari, da parte di chi utilizza i vaccini che ne derivano, è remota. Il dovere morale di evitare tale cooperazione materiale passiva non è vincolante se vi è un grave pericolo, come la diffusione altrimenti incontenibile di un agente patogeno grave». Quanto al vaccinarsi o meno, se «la vaccinazione non è, di norma, un obbligo morale» e «perciò deve essere volontaria», il perseguimento del «bene comune» porta a «raccomandare la vaccinazione, specialmente a tutela dei più deboli ed esposti». Quanti si sottraggono però «devono adoperarsi per evitare, con altri mezzi profilattici e comportamenti idonei, di divenire veicoli di trasmissione dell’agente infettivo».