Una petizione che ha già superato le 31.000 firme quella contro la partecipazione al Festival di Sanremo di Gianluca Gori, in arte Drusilla Foer. Promotore di tale iniziativa è Provita & Vita, “un’associazione ONLUS che promuove la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e sostiene la libertà e la priorità educativa dei genitori“.
Ecco il testo della petizione indirizzata al Presidente della RAI Carlo Fuortes: “Le chiediamo di rassicurare le famiglie italiane, che finanziano la RAI pagando un canone obbligatorio, sul fatto che la presenza al Festival di Sanremo di “Drusilla Foer” – attivista LGBT schierato per cause politiche come matrimoni e adozioni gay e per il liberticida Ddl Zan – non sia sfruttata per lanciare messaggi politici a favore dell’ideologia Gender, come già accaduto in passato”.
Non c’è da meravigliarsi se oggi siamo ancora a discutere di omotransfobia. Se dinanzi alla “persona” siamo sempre punto e a capo. Lo stereotipo legato alla percezione di alcuni individui è focalizzato attorno ai ruoli, differenti, che spetterebbero a uomini e donne nei molteplici ambiti della vita di tutti i giorni, che portano a confondere la dimensione biologica (sesso) con quella sociale (genere). Secondo quest’ottica, il termine genere ingloberebbe e perfezionerebbe la classificazione basata sul solo sesso dell’individuo. Una sorta di lente deformante, che distorce e reinterpreta la realtà sulla base delle credenze e delle aspettative bigotte di chi, tra l’altro, si professa credente in Dio.
Figli forse di un Dio minore i transgender? Ebbene sì, per chi richiede l’intervento della censura! Non basta la censura mediatica esercitata dai mass media in merito alla pandemia e alla campagna vaccinale. È richiesto da qualcuno anche di non divulgare le immagini e la conoscenza di migliaia di persone che, non solo tra le giovani generazioni, hanno un “sentire” differente da ciò che la natura ha loro donato. La vita delle persone transgender attraversa la tribolazione della “presa di coscienza” personale prima, e del “cambio di pelle” poi, in famiglia, tra gli amici, nella comunità. Per i censori, invece, conta solamente non mettere in crisi il modello di famiglia; sottolineare il tradizionale concetto di superiorità dell’uomo sulla donna. Come affermó Alberto Airola, un senatore che partecipo’ nel 2016 alla discussione a Palazzo Madama del DDL Cirinnà, “dare riconoscimento alla comunità GENDER, significherebbe mettere in crisi il maschilismo imperante che ancora appesta profondamente la nostra società dove un uomo può essere tutto ciò che vuole e una donna solo ciò che gli uomini hanno deciso per lei”.
Esultó la comunità di Provita & Vita alla bocciatura in Senato del DDL ZAN. Lessi della loro esultanza dai social: attribuivano tale evento alla “giustizia divina”. Che Dio li perdoni…
Il blog ha trattato in più di un’occasione la tematica, della quale si ripropongono i link.