Non c’é pace per Pozzuoli: le ultime 24 ore sono state caratterizzate da circa 80 terremoti con epicentri sparsi in tutti i Campi Flegrei, di magnitudo comprese tra 0 e 2.1.
Ricevo e pubblico dal prof. Giuseppe Luongo, vulcanologo, già Direttore dell’Osservatorio Vesuviano,
Prof. emerito presso l’Università Federico II di Napoli:
“Abito a Pozzuoli, ad Arco Felice, e seguo con attenzione lo sviluppo del Bradisismo e ho partecipato, nel corso della crisi attuale, anche ad interventi pubblici, esprimendo la mia valutazione sullo stato del fenomeno, con critiche costruttive sulle azioni da attivare per la sicurezza del territorio.
Il rischio per chi vive a Pozzuoli è sia vulcanico che sismico. Gli eventi sismici anticipano un’eventuale eruzione e come abbiamo appreso dall’esperienza delle recenti crisi degli anni ’70 e ’80, ai sismi non sempre segue l’eruzione, come naturale sviluppo del fenomeno. Una mancata eruzione in una crisi bradisismica è dovuta alla complessità del fenomeno nel suo sviluppo, ma indubbiamente all’insufficiente energia disponibile nel sistema vulcanico per un tale evento.
Due problemi, quindi, impegnano chi amministra Pozzuoli: la mitigazione del rischio sismico e l’evacuazione della città, in caso di allerta per l’eruzione.
Per il rischio sismico propongo che si proceda con le seguenti azioni:
1. Delimitare l’area a maggiore probabilità di accadimento dei terremoti, dove esaminare la vulnerabilità degli edifici;
2. Installare accelerometri in edifici con tipologie costruttive diverse, sia nell’area a più elevata pericolosità sismica (Pozzuoli Centro e nell’area occidentale di Napoli) che al di fuori di tale area (Pozzuoli Monterusciello e Bacoli);
3. Valutare il massimo terremoto atteso.
Per il rischio vulcanico propongo che sia modificato profondamente il Piano di Protezione Civile. Il Piano deve prevedere una soluzione alternativa all’ipotesi che l’evacuazione si svolga prima dell’inizio dell’eruzione, in quanto la previsione dell’evento 72 ore prima del suo accadimento è uno scenario ragionevole ma potrebbe non trovare corrispondenza nella realtà. Non si può escludere l’errore di valutazione con l’eruzione che abbia inizio durante l’evacuazione. In tal caso portare la popolazione dall’area a rischio a Piazza Garibaldi per utilizzare il treno per la destinazione alle regioni gemellate, potrebbe tradursi in un disastro, sia per il panico per la caduta dei prodotti dalla nube eruttiva che interesserebbe prevalentemente la parte ad oriente della bocca eruttiva, che per la mancata operatività della stazione ferroviaria resa inutilizzabile dall’accumulo dei prodotti rilasciati dalla nube eruttiva.
È necessario prevedere, quindi, un esodo verso ovest perché più sicuro, come indicherebbe la storia eruttiva dei Campi Flegrei. Altro elemento del Piano di Protezione Civile che suscita perplessità sono i gemellaggi con le Regioni e la Provincia Autonoma di Trento e Bolzano per l’accoglimento della popolazione evacuata. Si può accettare una tale diaspora? Perché tutti zitti? Forse perché si pensa che l’eruzione non possa accadere?
Se le autorità pensano questo, definire scorretto tale comportamento è dire poco. Chi propone tale distribuzione della popolazione evacuata dovrebbe garantire la sicurezza dei beni lasciati incustoditi e indicare con certezza la durata dell’allontanamento. Ma nessuno si assume tale impegno!
Anche la scelta del rientro ufficiale nell’area evacuata resta un problema da risolvere, perché la certezza della fine dell’eruzione e, quindi, del cessato pericolo pone il responsabile a rischio di commettere un errore di valutazione. La responsabilità può essere collettiva e non del singolo, ma il problema resta; non dimentichiamo il terremoto dell’Aquila del 2009 e il processo ai componenti della Commissione Grandi Rischi del Dipartimento di Protezione Civile.
La mia proposta di delocalizzazione temporanea della popolazione da evacuare, in caso di allarme eruttivo, prevede la sua collocazione prevalentemente nella parte Nord-occidentale della Regione Campania per una distanza contenuta dall’area flegrea (Litorale Domizio, Formia, Gaeta, Alto Casertano, solo per indicare orientativamente in quale direzione operare).
L’evacuazione potrebbe prevedere due fasi: la prima attivarla quando diventa molto probabile l’accadimento dell’eruzione, procedendo all’allontanamento di quella parte della comunità esposta più fragile e non indispensabile per il funzionamento del territorio interessato all’evacuazione; la seconda dovrebbe prevedere l’evacuazione totale, da realizzare a ridosso dell’eruzione in tempi brevissimi. Dopo l’evacuazione totale dovrebbero operare sul territorio solo quanti hanno il compito del controllo (polizia, carabinieri, esercito) e la Protezione Civile nelle sue varie articolazioni.
In questa fase di crisi che allarma la popolazione l’invito alle autorità competenti è quello di riesaminare e approfondire le problematiche della sicurezza del territorio a rischio senza preconcetti di sorta.
Si auspica che i responsabili a tutti i livelli, sia tecnici che politici, mostrino nelle loro azioni maggiore concretezza, evitando i fiumi di parole e le istituzioni di Tavoli tecnici che non producono risultati.