Partiamo dalla lite per un ‘like’ e la festa patronale si trasforma in tragedia. 14enne accoltellato da un coetaneo: non è in pericolo di vita ma è ricoverato con gravi ferite.
Il fatto è accaduto nella notte di ferragosto a Sori, nella città metropolitana di Genova.
E dunque si torna a parlare di violenza giovanile. La censura serve fino a un certo punto, meglio sarebbe educare. Per molti esperti è questa la ricetta per arginare la violenza che sembra dilagare senza confini tra i giovani e la cui causa, secondo alcuni, risiederebbe proprio nei contenuti violenti o pornografici di cui si alimentano molti giovani.
I social, la musica, la cinematografia hanno il loro peso. Ma sta a noi (agli adulti) spiegare, dirigere. Senza aspettare che l’evento accada per paura di essere chiamati retrogradi. Il ripristino delle regole per contrastare la violenza. Forse bisogna schierarsi dalla parte dei ragazzi. Spostando, piuttosto, l’attenzione sui loro genitori. In fondo, dunque, tutta questa violenza non è un problema generazionale. I ragazzi quasi sempre sono il prodotto della famiglia. I genitori fanno sempre più gli amici dei figli e non i genitori. Un tema, questo, che si presenta sempre più spesso su un terreno un tempo quasi immune alla violenza: la scuola. Perché, quando arriva la punizione, i genitori tendono a fare il processo agli insegnanti. Entrano nella scuola sempre di più, è quasi un’invasione di campo.
Invece, un genitore dovrebbe entrare a scuola solo quando ci sono motivazioni importanti. Un ruolo fondamentale lo ha anche la scuola stessa.
I dirigenti scolastici, ma anche i docenti devono essere forti ed autorevoli, senza lasciarsi intimidire. Una regola per essere osservata deve prevedere una sanzione. I giovani devono conoscere sia regole che sanzioni. Già dalla prima Elementare un bambino deve sapere qual è il comportamento da tenere. Se uno studente, ad esempio, imbratta il bagno come minimo deve ripulirlo a sue spese. E in alcune realtà scolastiche questo si applica. Inoltre una scuola a tempo pieno può distogliere dalle cattive strade.
Le scuole sono al centro di tutto. Anche per allontanare i ragazzi da pericolose “distrazioni”; ecco perché molti pedagogisti insistono sulla scuola a tempo pieno, con più insegnanti per il pomeriggio, che possano tenere i giovani attivi e interessati. Una delle tentazioni a cui badare di più sono i social network. Se i giovani non sono ben strutturati, accompagnati, guidati quando tornano a casa e si chiudono nella loro stanza diventano figli dei social. Rischiando di ispirarsi a cattivi modelli. Come le mafie, e la malavita in generale. Una delle vetrine principali della criminalità sono proprio le piattaforme sociali, TikTok su tutte. I ragazzi si sono spostati tutti lì e questo le mafie lo sanno. Ecco perché è lì che adescano molti giovani. Si fanno vedere ricchi e potenti, promuovendo un modello apparentemente vincente.
Ovviamente, però, un’attività di prevenzione dal potere di fascinazione delle mafie non può prescindere dal “racconto” dal vivo. Con delle precauzioni. Perché il parlare non sia una perdita di tempo bisogna innanzitutto essere credibili. Aver fatto qualcosa nella vita. Altrimenti i ragazzi ti sgamano subito e dopo tre minuti si mettono a giocare col telefonino. Molti parlano a sé stessi, facendo un bel discorso ma che nessuno segue.
Invece, si dovrebbe parlare di quello che piace ai giovani: di telefonini, di consumi, di moda, cercando di attirare la loro attenzione e far capire dove sono le cose importanti, quelle che servono alla loro crescita. Portando esempi concreti. Spiegando loro per esempio, quanto guadagna un muratore o un impiegato e quanto guadagna un corriere di cocaina. Cosa rischia l’uno e cosa l’altro. Cosicché, nel momento del passaggio all’età adulta, quando dovranno fare una scelta per il futuro, avranno in mano gli strumenti per decidere consapevolmente.
E allora davanti ai bivi della vita sapranno scegliere con cognizione e affrontare la vita con le sue immense bellezze ma anche con le tante asperità.
𝑬𝒏𝒏𝒊𝒐 𝑺𝒊𝒍𝒗𝒂𝒏𝒐 𝑽𝒂𝒓𝒄𝒉𝒆𝒕𝒕𝒂
Docente e giornalista pubblicista. Scrive di scuola, attualità, cultura. Collabora con periodici e quotidiani. È presidente di un’ associazione culturale, L’ElzeViro e membro della Stampa Campana – Giornalisti Flegrei. Con istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado promuove convegni e incontri su Educazione alla Legalità, Storia, Letteratura, Politica, Sociale. È docente di Sostegno – area umanistica con una specializzazione polivalente post laurea in strategie di inclusione pedagogica in un liceo della provincia di Napoli. Si è occupato per diversi anni di dispersione scolastica e minori a rischio in aree difficili e periferiche della città di Napoli. Ha ricoperto svariati incarichi nelle scuole e negli istituti statali.
Promotore di iniziative ed azioni progettuali come tavole rotonde, seminari, concorsi letterari, presentazioni editoriali.
È iscritto all’Associazione Nazionale Carabinieri.
L’importanza della cultura in una società in continua evoluzione