Ci coglie di soppiatto mentre la giornata scolastica volge al termine: l’assegno è già pronto sui quaderni e mi sto accingendo a dare alcune istruzioni finali, quando… BOOOOM! Ci infiliamo tutti sotto ai banchi. Non l’ho dovuto neanche dire, oramai ci si muove come degli automi perché il terremoto è entrato nelle nostre vite. È una daily routine consolidata. Quando suona la campana dell’evacuazione tutti i piccoli già sanno dove stare, ognuno si sposta dietro al compagno di riferimento, nella sua esatta posizione. Sono spaventata e ammirata nello stesso istante. E poi tutti fuori! Qualcuno piange ma ci stringiamo in un grande abbraccio perché fa freddo e i giubbini sono tutti in classe.
Arrivano i genitori e piano piano il cortile si svuota. Resto senza forze, mi accoccolo per terra e mi lascio andare. Il mal di stomaco mi attanaglia e sento d’improvviso tutta la tensione sciogliersi in un fremito, seguito da un lungo sospiro. È andata…
Il giorno successivo rientro in classe e trovo l’aula esattamente come l’abbiamo lasciata alle 12.36 del giorno prima. I quaderni ed i libri nella stessa posizione, mi sembra quasi di profanare un tempo cristallizzato. Arrivano di nuovo i bambini, entusiasti, felici come sempre. “Bambini scriviamo una poesia!” Propongo loro.
Si! Noi elaboriamo la paura in versi! Ai versi si aggiunge anche un messaggio “post sismico” con richiesta di perdono…