UN PO’ DI STORIA / Nel luglio del 1997, un medico originario di Catania che esercitava la professione a Modena, Luigi Di Bella, partecipò, in qualità di relatore, ad un convegno a Roma. L’evento fu promosso dall’Associazione italiana famiglie contro il cancro (Aifc) e dall’Associazione italiana assistenza malati neoplastici (Aian) ed era intitolato “Cancro: aspetti vecchi e nuovi di terapia”. Il convegno fu ampiamente pubblicizzato sui principali quotidiani nazionali. Il professore ottantacinquenne, durante la propria relazione, rese pubblica una terapia messa a punto con la propria equipe, sostenendone l’efficacia, sulla base di dati in suo possesso: il metodo avrebbe avuto percentuali di successo molto elevate, laddove la medicina tradizionale non potesse fare nulla, cioè sui malati di tumore, di qualsiasi tipo e in fase avanzata. Tuttavia, fin da subito la comunità scientifica si espresse in modo duro, bocciandola drasticamente.
Purtuttavia, data la pressione mediatica di quelle settimane, conseguente soprattutto alle ripetute interviste rilasciate dal Prof. Di Bella ai media nazionali, l’allora Ministro della Sanità Rosy Bindi acconsentì, nel gennaio del 1998, a testare la validità della terapia a spese dello Stato. Nello stesso mese il Parlamento approvò la sperimentazione. La commissione, composta da vari medici (fra i quali Umberto Veronesi, Luigi Di Bella e suo figlio Giuseppe), stabilì che ci sarebbero stati nove protocolli (destinati a diventare undici) per altrettanti tumori e sarebbero stati coinvolti 2.600 pazienti. Si discussero anche farmaci e dosaggi. Affinché la sperimentazione fosse ritenuta valida, sarebbero state seguite alla lettera le preparazioni indicate da Di Bella, che ebbe l’onere di convalidare personalmente i documenti contenenti queste informazioni. I risultati sperimentali dei diversi protocolli ebbero un netto verdetto: la terapia Di Bella non solo non salvava nessuno, ma i malati morivano addirittura prima di quelli trattati con rimedi tradizionali. Secondo il rapporto della commissione, il Mdb non provocava nessun miglioramento, ma addirittura produceva effetti collaterali.
Il Prof. Di Bella e alcune associazioni di pazienti oncologici, mossero dure critiche alla sperimentazione, così come fu condotta. Le questioni contestate erano diverse: innanzitutto fu denunciata la somministrazione ai pazienti di farmaci scaduti. Un successivo controllo dei NAS in alcuni ospedali, confermò che almeno un migliaio di pazienti avessero assunto “farmaci non conformi”. Ne derivò un’inchiesta, condotta dall’allora pretore Raffaele Guariniello, che fu successivamente archiviata. Inoltre, nei flaconi contenenti retinoidi, una delle componenti essenziali della cura Di Bella, fu trovato “acetone”, un composto tossico e cancerogeno. Forti dubbi, infine, furono espressi anche in merito alla rappresentatività del campione sottoposto alla sperimentazione.
IL MDB OGGI / Oggi, nonostante il Metodo di Bella non sia riconosciuto dal Sistema Sanitario Nazionale, i figli di Di Bella e tanti altri medici sparsi sul territorio nazionale, continuano a prescriverlo. Il costo del protocollo è interamente a carico del paziente, anche se, negli anni, diversi giudici, sulla base di ricorsi dei pazienti, hanno concesso gratuitamente i farmaci necessari.
In cosa consiste il Metodo Di Bella? Potremmo definirlo più precisamente “cocktail Di Bella” perché esso si basa su sostanze che, sinergicamente, dovrebbero essere in grado bloccare o rallentare lo sviluppo di un tumore: la somatostatina, la melatonina, i retinoidi, le vitamine E-D-C, la Bromocriptina, microdosi di antiblastici (con dosi 100 – 200 volte inferiori alla chemio). Per descrivere in sintesi e il più chiaro possibile il “Metodo Di Bella”, bisogna riferirsi ad una pubblicazione del 26/01/2015 del Dott. Giuseppe Di Bella. Questi affronta i due aspetti principali della biologia tumorale: la crescita (il tumore cresce in maniera veloce ed incontrollata); la mutazione (il DNA delle cellule tumorali subisce mutazioni continue e rapide, difatti nel tempo la cellula maligna sviluppa numerose resistenze ai farmaci antineoplastici). Il protocollo, utilizzando il cocktail summenzionato, cerca di bloccare la coppia di ormoni che rendono possibile il processo di crescita e lo sviluppo della cellula: l’ormone della crescita GH, ovvero la somatotropina, e la prolattina, entrambi prodotti dall’adenoipofisi (ipofisi anteriore).
Sarebbero circa una ventina i medici italiani che utilizzano a tutt’oggi il metodo Di Bella, prescrivendo ai propri pazienti oncologici la multiterapia. Una terapia che ha come caratteristica fondamentale la personalizzazione in base al paziente, dunque non ha una formulazione definita e unica. Accanto ai medici, poi, a continuare a praticare la Mdb ci sarebbe anche uno sparuto numero di farmacisti, che prepara artigianalmente il mix di farmaci secondo quanto prescritto dai dottori.
Per approfondimenti e contatti si allega, a beneficio dei lettori, il link della Fondazione Di Bella:
http://www.metododibella.org/it/#.X_s8adhKjIU