L’Osservatorio Vesuviano ha pubblicato il bollettino riferito alla settimana 23/29 dicembre. Sono state registrate 13 scosse, la più forte di magnitudo 1.6. Resta confermato il dato del sollevamento medio mensile di 10 mm. Se facciamo il calcolo dal 1° gennaio a 29 dicembre la media mensile nell’anno è stata di circa 16 mm, considerato che il sollevamento totale è stato di cm 18,6. Non si registrano altre significative variazioni per i flussi idrotermali e per la temperatura delle fumarole. Questi dati sono incoraggianti e ci fanno ben sperare per il nuovo anno, anche se non si può affermare che il fenomeno si sia fermato. Siamo tutti consapevoli che dovremo fare sempre i conti con il bradisismo, ma necessitano interventi non solamente sui fabbricati sgomberati. Convivere con il bradisismo significa evitare il rischio sismico ed avere fabbricati sicuri. Invece siamo in attesa dell’attuazione del decreto che per il 2024 ha stanziato 20 milioni di euro .
Ecco di seguito la relazione del Prof. Giuseppe De Natale:
Dopo l’intensificarsi dei terremoti del settembre 2023 sono iniziate a circolare le immagini catastrofiche di eventuali eruzioni nell’area flegrea. Un filmato in particolar modo destò più scalpore e cioè quello della TV svizzera che mostrò situazioni apocalittiche, basate sull’eruzione dell’Ignimbrite Campana di 40.000 anni fa, di fatto non realizzabili nella realtà; perché oggi sappiamo che l’Ignimbrite Campana non avvenne dai Campi Flegrei. L’eruzione più forte che ci possiamo vrosimilmente aspettare é del tipo di quella di Agnano-Monte Spina, avvenuta circa 4.500 anni fa (i cui flussi piroclastici restarono confinati all’interno della caldera); o, nella migliore delle ipotesi, del tipo di quella del Montenuovo del 1538, che in ogni caso non possono essere sottovalutate al giorno d’oggi soprattutto a causa della densità demografica.
Da circa 74 anni, cioè dal 1950, stiamo osservando un progressivo sollevamento del suolo nei Campi Flegrei. Oggi siamo circa 50 cm più in alto del 1983-84. Prima dell’eruzione del Monte Nuovo ci sono stati circa 100 anni di sollevamento del suolo, per un sollevamento totale di circa 16 mt. Quindi i tempi di preparazione di un’eruzione possono essere considerati di quest’ordine di grandezza. Oggi, però, il tasso di sollevamento é circa la metà rispetto a quello che precedette l’eruzione del 1538. Circa 3 milioni di persone rappresentano oggi la popolazione esposta all’attuale rischio vulcanico. La pericolosità deriva innanzitutto dai flussi piroclastici (o nubi ardenti), composti da magma finemente frammentato mescolato ad aria, che si trova ancora a centinaia di gradi di temperatura: essi cancellano tutto ciò che incontrano nel loro percorso, durante il quale possono raggiungere velocità di centinaia di km/ora. Poi ci sono i prodotti da caduta, in maggioranza ceneri e pomici: essi sono generalmente sottovalutati, ma bastano 30 cm di accumulo di questi prodotti sui tetti, per far collassare gli edifici; quindi, non é solo la zona rossa a rischio, ma tutta l’area che verrebbe raggiunta da questi prodotti a causa dei venti (indicata nelle mappe di pericolosità come zona gialla).
Le osservazioni e i dati che raccogliamo durante il bradisisma in atto ci consentono di fare delle ipotesi, ma non esiste ancora una verità scientifica matura su questi fenomeni estremamente complessi; un po’ come è successo per la pandemia, in cui si cercava di comprendere scientificamente l’evento mentre era in atto. La cittadinanza allora è esposta ad informazioni mediatiche, che enfatizzano ogni nuova pubblicazione scientifica come fosse verità assoluta, quasi sempre discordanti tra loro e spesso molto specifiche: si ha quindi l’impressione che la scienza dica tutto e il suo contrario, ma soltanto perché, appunto, la conoscenza scientifica del fenomeno non è ancora matura. Una delle poche certezze, che viene spesso dimenticata, é che non é vero che la popolazione flegrea storicamente ha sempre subito terremoti e sollevamento del suolo. In epoca storica, soltanto dal 1430 al 1538 c’è stato sollevamento del suolo e terremoti; dopo l’eruzione del 1538, e fino al 1950, il suolo si abbassava e ne abbiamo prova soprattutto grazie ai reperti archeologici locali; e in questo periodo non ci sono mai stati terremoti ai Campi Flegrei, i quali sono iniziati soltanto durante la crisi bradisismica del 1969-1972. Ma i terremoti più forti, ben avvertiti dalla popolazione, sono iniziati soltanto nel 1983: fino ad allora, gran parte della popolazione flegrea neanche immaginava di vivere su un vulcano. Anche le informazioni scientifiche sull’area erano molto più limitate: soltanto negli anni ’80, a fronte delle perforazioni geotermiche di ENEL-ENI tra gli anni ’70 ed ’80, è divenuto chiaro che quest’area è una caldera di collasso, ed anche la genesi del collasso calderico si è chiarita soltanto negli ultimi anni. Le eruzioni non si possono prevedere con certezza, ma si può preparare il territorio in base alle conoscenze che già abbiamo. Quando il sollevamento del suolo aumenta, aumenta di conseguenza la pressione nelle rocce superficiali. Quando le rocce si fratturano a causa della pressione si generano i terremoti. Dal 1984 al 2005 la pressione si é abbassata, e non c’erano terremoti (tranne in periodi molto limitati in cui si osservava un piccolo sollevamento). Oggi siamo di nuovo in una fase con pressione interna molto alta; la più alta osservata dopo l’eruzione del Monte Nuovo. Se la pressione aumenta oltre un certo limite, le rocce possono collassare a livello macroscopico, con fratture che collegano la sorgente di pressione alla superficie. Quando ciò accade, il materiale che genera la pressione in profondità erutta alla superficie. Se, come personalmente credo, è l’acqua contenuta nel sistema geotermale che, riscaldata dai fluidi magmatici profondi, genera la pressione, si genererebbe un’eruzione freatica; se invece fosse direttamente il magma a generare la pressione in serbatoi superficiali, si genererebbe un’eruzione magmatica. Noi non conosciamo la resistenza delle rocce profonde, nel loro stato di pressione e temperatura; è questo che volevamo fare con il progetto di perforazione a profondità maggiore o uguale a tre chilometri. Purtroppo, malgrado l’ICDP, organismo internazionale per la ricerca scientifica con perforazioni, ci abbia messo a disposizione oltre 2 milioni di euro riconoscendo l’importanza scientifica e di protezione civile, è mancato finora un adeguato co-finanziamento nazionale per completare il budget. Il livello di sismicità, ossia frequenza e magnitudo dei terremoti, non é determinato soltanto dal sollevamento totale ma anche dalla velocità di sollevamento. Quindi, poiché fino all’estate del 2024 il sollevamento era di circa 2 cm al mese, i terremoti erano di più e più forti di oggi, perché attualmente il tasso di sollevamento é dimezzato, circa 1 cm al mese. Potremmo avere anche terremoti più forti di quello del 20 maggio, fino a magnitudo 5 o leggermente più forti. Questo limite di magnitudo è stato ricavato dai terremoti più forti avvenuti durante la crisi che portò all’eruzione del 1538, ed è stato recentemente confermato, su basi fisiche, dall’ultimo lavoro scientifico del dott. Zollo e coautori.
La cosa più importante da fare in fretta, quindi, è verificare la vulnerabilità degli edifici per terremoti fino a magnitudo circa 5. Il decreto Campi Flegrei, varato già nell’Ottobre 2023, prevede proprio questo, ma di fatto mi risulta non sia stato fatto ancora nulla di quanto previsto dalla legge. Intanto, molti edifici sono ancora evacuati per i danni inflitti dai terremoti più forti; e per fortuna ancora nessuno di essi è collassato mentre era ancora abitato. Difendersi dalla sismicità, che è oggi il rischio maggiore e già in atto, deve essere la nostra priorità. I nostri sono terremoti che fanno danni proprio perché sono superficiali, la distanza dagli edifici più vicini é di soli 3 Km o anche minore, diversamente dai terremoti delle aree tettoniche che avvengono a 10-20 km di profondità. Il caso più eclatante che evidenzia l’effetto catastrofico di terremoti di bassa magnitudo ma molto superficiali è quello di Casamicciola del 2017: un terremoto di magnitudo 4.0 ha prodotto danni enormi e due vittime. Nel 2001 si fece una tomografia sismica con scoppi in mare e con onde riflesse, che rilevò la profondità della camera magmatica principale a circa 7,5 km. Attualmente, alcuni lavori scientifici hanno presentato tomografie sismiche fatte con gli stessi terremoti locali e con onde dirette (ossia le onde P ed S); alcuni di essi ipotizzano trasferimenti di magma a livelli più superficiali: 6, 5 o anche 4 km di profondità.
Personalmente, non credo a questi risultati perché, siccome i terremoti hanno quasi tutte profondità massime di 3 km, è di fatto impossibile vedere, con le onde sismiche dirette (P ed S) di questi terremoti, cosa c’è al di sotto di 3 km. Sono peraltro convinto che l’attuale bradisisma sia generato dal degassamento del magma del serbatoio principale (a 7-8 km), che riscalda e porta in pressione gli acquiferi superficiali: le evidenze scientifiche di questo meccanismo, pubblicate in vari lavori negli ultimi anni, sono a mio avviso molto forti. Quando l’acqua che imbeve le rocce viene riscaldata senza poter espandersi (riscaldamento a volume costante) genera pressioni molto alte; è questa la genesi del fenomeno bradisismico attuale. Se però la pressione interna aumentasse oltre un certo limite, si potrebbe avere un’eruzione freatica; ma questa potrebbe richiamare magma da maggiori profondità, risultando in un’eruzione freato-magmatica. Proprio questo è verosimilmente il meccanismo che ha generato la gran parte delle eruzioni freato-magmatiche tipiche di quest’area. Quale potrebbe essere quindi l’evoluzione dei fenomeni attuali? Il bradisisma si potrebbe interrompere, come avvenne nel 1972 e 1984, e magari riprendere tra 10-20 anni. Oppure il suolo potrebbe continuare a salire e in tempi medio lunghi si potrebbe arrivare direttamente all’eruzione. Il vero problema è che i piani di emergenza attuali si basano sulla previsione certa di un’eruzione: nel qual caso, in 3 giorni bisognerebbe evacuare completamente l’area. Ma, come si è detto, è impossibile prevedere con certezza un’eruzione, specialmente in quest’area in cui sono state fatte già due evacuazioni, senza che poi sia successo nulla: nel 1970 (Rione Terra) e nel 1984 (l’intera Pozzuoli). Nei due casi precedenti, vennero evacuate rispettivamente 3000 e 40000 persone. Con l’attuale piano di emergenza, bisognerebbe evacuarne oltre 500.000: chi si prenderà mai la responsabilità di farlo senza certezza che l’eruzione avverà, anzi in teoria con una probabilità che accada molto minore di quella che non accada nulla?