Al carcere femminile di Pozzuoli: “Quando la notte é senza stelle”

Lo scorso sabato 18 marzo, le allieve del CPIA Napoli Provincia 1 nella Casa Circondariale Femminile di Pozzuoli, hanno realizzato lo spettacolo conclusivo del modulo PON “Sipario” dal titolo “Quando la notte é senza stelleStorie di giorni bui“. Erano presenti la direttrice dott.ssa Maria Luisa Palma e la preside della scuola carceraria prof.ssa Francesca Napolitano. Tra gli ospiti in platea la poetessa Enza Silvestrini, il filosofo Nicola Magliulo, i musicisti Gianni Lamagna e Patrizia Spinosi, Sabrina Innocenti del NEAP film festival di Napoli, Il direttore artistico del Pozzuoli Jazz Festival Antimo Civero. 

Per le allieve il teatro rappresenta un momento importante per il proprio percorso riabilitativo. La delicata tematica trattata, poi, quella della Shoah, mette in sintonia le donne recluse, come affermano le attrici in questa intervista (CLICCA QUI PER GUARDARLA).

Un gruppo di sopravvissute aspetta il treno che le riporterà finalmente a casa. Salve. Una pattuglia aerea delle forze liberatrici sorvola la zona e produce lo stesso rumore di quella nemica, degli oppressori. E’ da quel rumore che la storia parte per fare un passo indietro: ripercorrere le vie del dolore attraversate prima della liberazione, quelle marchiate  addosso a chi è riuscita a varcare i cancelli aperti. Senza pelle. Senza anima. Proveranno a raccontare quella incomprensibile sofferenza e su quel treno, che porta a casa, saliranno solo alla fine dello spettacolo.

La narrazione è affidata quasi esclusivamente a suoni e rumori fortemente evocativi di fatti ed eventi del decennio più buio della Storia del Novecento. Saranno questi, insieme a gesti, sguardi e movimenti a guidare l’azione scenica e a trasformarla in mute, eloquenti  sequenze pittoriche.

La parola ha un ruolo secondario. Non commenta. Non giudica i fatti. Nessuna omissione o aggiunta, né per alleggerire, né per caricare la bilancia della Storia. Compare prepotente nelle ultime scene solo per raccontare l’oggettiva e dolorosa autenticità delle testimonianze, di quelli che c’erano e i cui nomi non compaiono sui libri, di quelli che hanno attraversato la Storia, l’hanno subita ed alcuni, con scelte precise, salvata.                         


La più gridata è quella di quelle donne che, nell’inferno, hanno scelto di morire con coraggio e con dignità.

E’ così che la loro vita ha paradossalmente acquistato valore doppio: scegliere come e perché morire fa la differenza e procura la salvezza dell’anima, là dove la gratuità e l’assurdità del male hanno cancellato ogni possibile traccia di umanità e di ragionevolezza.

Le storie raccontate, allora, diventano “il luogo” più universale nel quale porci domande e trovare risposte, affidate in scena ad un matto che irrompe e, nella sua apparente e lucida follia,  grida parole che mettono in guardia da futuri e possibili precipizi.

Quelli che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo“.

Questa frase è stata incisa in trenta lingue su un muro nel campo di sterminio di Dachau. Sintetizza il senso da attribuire a questa serata e alla scelta didattica di approfondire il tema della Memoria, per sostenere l’idea che la letteratura, il teatro, il cinema, la musica, la poesia sono gli spazi privilegiati in cui l’uomo può affrontare la Shoah, prima ancora del dibattito accademico.

In un mondo in cui i confini geografici, culturali e antropologici spesso si confondono, ma non si fondono, si incontrano, più spesso si scontrano, educare alla tolleranza e al rispetto dell’altro, riflettere sul riconoscimento della valenza  positiva e propositiva della diversità  è una scelta morale e civica obbligata. Parlare della Shoah significa disegnare i contorni di una strategia risolutiva premeditata, legittimamente motivata, concretamente organizzata e attuata per eliminare ogni diversità. Per questo un unicum, ma non l’unico.

Le minoranze etniche capaci di mantenere intatte nel tempo le proprie identità non sono state sempre tollerate dalla Storia e ciclicamente sono state guardate come bersaglio, facile da perseguitare e sterminare.

La Memoria, allora, deve stendere le braccia ed includere in un unico abbraccio i tanti olocausti di popoli perseguitati e sterminati, ingoiati poi dall’indifferenza e dalla dimenticanza, perché la Storia non è riuscita a farsi maestra per scongiurare aberranti ricadute. Auschwitz è intorno a noi, è nell’aria… ci grida profeticamente Primo Levi. La Shoah non è un fatto solo ebraico, è un evento universale che coinvolge chi, in ogni tempo, è stato travolto da quella “tempesta che devasta”.

A prescindere dai colori, dai credo religiosi, dalle identità sessuali, dagli schieramenti politici, dalle ideologie, ognuno di noi è fortunatamente diverso nella propria unicità e irripetibilità. Felice di esserlo. E le donne recluse questa sera sul palcoscenico provano a gridarlo.

Interpreti

In ordine alfabetico: Yannara – Amalia – Amelia – Blessing – Charity – Elisabetta – Elly – Manuela –  Katia – Louisa – Samantha – Sophia – Vita Maria.

Partecipazione amichevole di: Salvatore Di Fraia

Canto: Olimpia Caccavale

Soggetto Sceneggiatura Regia: Angela Cicala

Fonica e Luci: Fausta Apa  –  Tiziana Lucignano

Effetti luce: Fausta Minale

Mixaggio suoni e musiche: Italo Monti

Attrezziste di scena: Elly, Katia, Vita Maria

Team docenti: F. Apa, O. Caccavale, A. Cicala

D’Emilio – T. Lucignano – F. Minale – P. Schiavone 

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